“Nonna, non devi spiare!” La mia nipotina arraffato il suo quadernone “Sì-Girl”, dalla copertina tempestata di cuoricini e cuoricioni, lo richiude precipitosamente. Mi rimprovera con uno sguardo furbetto stringendolo forte al seno, quasi volesse difenderlo da un temibile nemico. “Amore, sai bene che non mi permetterei mai di spiare quello che scrivi. Ricordati sempre però di mettere la lettera “acca” nelle paroline “che, chi e perché”. Ok? Ti andrebbe almeno di dirmi se si tratta di una storia inventata, un diario o un disegno?”
Mi sorride grata, riposiziona il quaderno sul tavolo e con una smorfia biricchina annuncia: “Nonna, sono molto indubbiata. Da grande vorrei fare la giornalista, ma non proprio quella che scrive.” “Quale allora?” “Nonna quella che inquadrano in TV e che fa le interviste ai cantanti.” “Tu sei dubbiosa, non indubbiata. Se ami scrivere devi farlo e se diventerai una giornalista ne sarò felicissima.” “Nonna prima voglio raccontare la mia vita: ho già fatto l’intro” “Cioè?” “Ma nonna, non lo sai? E’ l’incipit di ogni racconto.” Per fortuna conosco quest’altra parola, ma credo “intro” voglia dire “dentro”, non “inizio.”
“Tu non sai neppure cosa vuol dire input, vero, nonna?” il tono della sua voce suona beffardo: “Patatona, non occorre tu faccia la saputella con la nonna. Ok?” Sbuffa, spalanca gli occhi e, come al solito, sapendo che è fin troppo semplice battermi su questo terreno, mi attacca impietosamente: ”Sei giurassica. Giurassicaaa. Ti spaventi davanti alle funzioni del cellulare, non conosci le parole dell’informatica e dei social. Ti devo anche aiutare con Skype e non sai cosa è lo “store” dei giochi elettronici. Nonna è vero: tu ti spaventi. Ce lo dici sempre.”
Caspita! Alzo le mani in segno di resa. Lei, imperterrita prosegue affondando il colpo: “Ieri sera tu non hai voluto vedere con noi The next level di Jumanji perché non ci avresti capito un bel niente. Un bel nienteee” Con quella sua aria astuta scoppia in una risata canzonatoria. “Tesoro sai bene che non comprendo il fantastico mondo dei vostri video giochi. Non credo esista la possibilità di finire all’interno di un gioco elettronico. Perché andare incontro a spaventose avventure rischiando di venire eliminata? Si deve lottare contro orribili mostri e affrontare mille tranelli per sopravvivere e riuscire a salvarsi. Per me è più affascinante la vita reale, e lo sai.”
Ciondola il capo, mi osserva a lungo in silenzio e sospira rassegnata. E’ una lottatrice per natura e so che non ha perduto la speranza di convertirmi, facendomi entrare “intro” il mondo immaginario che le appartiene. Anche per questo continuiamo ad adorarci: è fiera di me tanto quanto io mi dichiaro orgogliosa di lei. E’ bello constatare che crescendo, – al di là di qualche apprezzabile, delizioso, strafalcione – ha acquisito e sviluppato un’ottima capacità di apprendimento ed una sorprendente proprietà di linguaggio.
“Nonna, se tu vuoi, facciamo quel gioco delle parole che ci piace. Quello nuovo che dura tanto, dove scriviamo tutte le parole che vogliamo, anche i verbi, le città, i nomi propri, i numeri, che però devono cominciare con la stessa consonante o vocale”. Senza attendere una risposta, dando per scontato che io sia d’accordo, accantona il quadernone, si alza. Invita il fratello – impegnato a smanettare sul cellulare – a schiodarsi dal divano e a raggiungerci.
Lui accetta volentieri di partecipare, si avvicina e mi schiocca un affettuoso bacio sulla guancia. Un bacio che profuma di tradimento perché è certo di avermi in pugno. Sa che amo cimentarmi in sfide stimolanti, che accolgo favorevolmente ogni proposta di gioco che non sia elettronico. Sa pure che per renderli felici mi piace fingere di perdere come una “schiappa”.
“Decido io con quale lettera dobbiamo cominciare. Poi tocca a lui e tu nonna per ultima. Ma tu devi anche darci un minuto in più perché noi siamo piccoli e non sappiamo tutte le tue parole”. Simpatica la nipotina, da vera leonessa – nata in agosto mostra gli artigli e sa farsi valere – è la sola in grado di comandare mettendomi a tacere. Con i bicchieri colmi di the freddo, biscotti a volontà al centro del tavolo, ci scegliamo le penne biro preferite, fogli grandi a righe di cui sono sempre ben fornita, e lei dà il via: “Scelgo la lettera ESSE come sapone. Fai partire il tempo nonna che noi incominciamo prima.”
Li so entrambi capaci di applicarsi con buoni risultati, forse anche migliori dei miei. Lascio scorrere un minuto esatto prima di iniziare, poi scaduti i tre pattuiti, al suono del timer alziamo contemporaneamente le penne dal foglio. Mio nipote orgogliosamente dice: “Nonna io ne scritte trentasei, davvero tante, no?” Mi complimento con lui mentre lei, un po’ abbacchiata, vuole controllare da vicino. “Come hai fatto a scrivere così velocemente? Così non si capisce niente.” Lui, che frequenta le scuole medie, le mostra la linguaccia, poi mi guarda quasi a chiedermi di lasciarlo allontanare presto. “Non c’è gioco nonna, vinco sempre io”. Si alza e saltella per la stanza emettendo gli assordanti suoni propiziatori della danza della pioggia.
“Nonna, tu quante parole hai scritto?” domanda lei esitando. “Ah, poche, poche amore. Forse venti, anzi no, solo diciannove”. “Meno maleee. Io ventiquattro perché scrivo piano e si capisce quello che scrivo.” A turno leggiamo i lemmi attribuendo il punteggio “dieci” soltanto a quelli che altri non hanno considerato. “Ma nonnaaa! Nonna non è giusto non è giusto. Io non ho scritto le parolacce e lui e te sì però” protesta con veemenza la nipotina. “Quali parolacce?” domandiamo entrambi sorpresi. “Quelle che non si devono dire! Sesso, sedere e quell’altra che non mi ricordo”.
6 settembre 2020