Sono cresciuta con la mia nonna tedesca in casa, da tutti in paese conosciuta come Oma. Non imparò mai a parlare l’italiano correttamente, ma le volevano bene e si fermavano volentieri a chiacchierare con lei.
Quando mi alzavo la mattina, era lei che mi scaldava lo yogurt Galbani alla ciliegia immergendolo nella tazza d’acqua bollente, mi dava il cucchiaino con cui forare il coperchio per succhiarlo fuori e mi spalmava il pane con la Nutella per la merenda. Io le chiedevo: “Ma Oma, come mai il pane che mi prepari tu è sempre così buono?”.
– “Perché io lo spalmo con amore”, mi rispondeva lei.
Quando tornavo a casa, c’era lei.
Crescendo, qualche volta le rispondevo male.
Quando cominciò a invecchiare e a perdere la memoria, la mattina mi chiedeva invariabilmente “Hai già fatto colazione?”, ogni giorno la stessa, identica domanda. Io mi spazientivo e a volte le dicevo: “Ma non puoi chiedermi qualcosa di diverso? Sempre solo di questo sai parlare?”. Lei si offendeva e non mi parlava più; per un po’ stavo tranquilla, ma poi si dimenticava.
Quando andavamo in vacanza, era lei che si prendeva cura del cane e della casa e ci accoglieva al nostro ritorno.
Era sempre sorridente, discreta, pulita.
Quando si alzava dal riposino pomeridiano e saliva le scale per raggiungere il piano giorno per fare il caffè delle 15.30 io avvertivo che si era alzata dal suo profumo.
Quando, ormai adulta, avvertivo il suo declino, cominciai a interrogarla sul passato: la guerra, la sua giovinezza, la sua infanzia. Mi confidò le sue prime esperienze amorose, sempre con grande riserbo, ma per i ricordi di mezzo era già troppo tardi, se n’erano andati.
Per il suo 80° compleanno, mia mamma invitò a sue spese la migliore amica tedesca della Oma dalla Germania. Le prenotò e pagò il biglietto aereo e le due donne si rividero tra baci, abbracci e lacrime dopo più di 30 anni. La cosa buffa era che Tante Trudel diceva a noi: “Eh, certo che Emmy sta perdendo molto…” e la Oma diceva esattamente la stessa cosa della sua amica di un tempo!
Mia mamma era provata dall’aggravarsi del morbo di Alzheimer di sua mamma, ma la curò a casa in modo esemplare fino all’ultimo.
Oma morì nella sua stanza, dove adesso dormo io, tre generazioni di donne legate da un unico sangue.