Tic… Tac… Tac…
Le gocce di pioggia che battevano sui vetri della finestra socchiusa penetravano nelle orecchie di Giusi con un ritmo fastidioso eppure stranamente rassicurante.
«Percepisco il suono della pioggia, quindi ancora sono viva», pensò quasi con rassegnazione.
«A volte esistere è inopportuno, forse sarebbe meglio non essere più nulla, lasciarsi andare al silenzio…»
I pensieri fluivano liberamente nella sua mente, che aveva deciso di lasciare aperta, anche di accogliere quella sensazione di impotenza che la attanagliava.
Improvvisa, non cercata, un’intuizione scoccò come una scintilla penetrando nel suo essere dal ventre al cervello fino alla mente: «Se esiste la pioggia – capì – è perché ho la possibilità di sentirla e toccarla. Non esiste nulla al di là dei miei sensi, dunque anch’io sono.
Io sono, quindi ci sono. Le parole per dirlo le troverò».