La luce dell’abat jour, lampada d’altri tempi posta sul mio comodino arruffato di penne, fogli di quaderno, aurecolari, collane, libri, foto, rosari e quant’altro, é il termometro della notte: segnala il livello di stanchezza per la quale sto crollando.
Sono una persona alla quale il mondo sembra non bastare mai e, pur avvertendo il bisogno di annidarmi tra le braccia di Morfeo, so che anche stanotte tarderò a smorzare la luce.
Mi scrollo velocemente di dosso una parte di stanchezza, come un cane che esce dall’acqua, e dilato – a mio favore – l’affaticamento, con la lettura di un libro. Stavolta mi dedico alla rilettura del quinto caso dell’Ispettore Chen Cao, dell’autore cinese Qiu Xiaolong.
Aggiusto gli occhiali da vista sul dorso del naso e, ignorando le pupille arrossate che reclamano un sacrosanto riposo, dichiaro che é troppo presto per immergermi nei sogni. Felicemente sveglissima e lucivaga, mescolando le mie riflessioni con il protagonista del romanzo, dimentico così di spegnere la luce.