Abbazia di Mirasole, febbraio 1300.
Frate Candido correva alzando ora le mani, ora l’orlo del saio per non inciampare.
Nei corridoi rimbombavano lo scalpiccio dei suoi sandali e l’ansimare del suo fiato che gli spegneva la voce in gola.
Quando si fermò davanti alla porta dell’Abate, deglutì per recuperare la lucidità. Per un attimo, alzò lo sguardo al cielo recitando le prime quattro strofe del Pater Noster. Lo faceva sempre quando chiedeva l’aiuto di Dio.
Bussò alla porta e rimase in attesa. Una voce chiara e ferma lo invitò a entrare.
«Magister», esordì Fra Candido saltando ogni preambolo canonico, «l’acqua!».
Il giovane Abate rimase fermo, in piedi davanti alla sua scrivania. Attendeva che il monaco si riprendesse. Era evidentemente in preda all’ansia.
Passò qualche secondo, poi Fra Candido disse ancora: «L’acqua dei pozzi!», interrompendosi subito dopo.
Il giovane Abate lo esortò: «Ebbene?».
«Avvelenata! Qualcuno ha gettato pezzi di carogna in ognuno di essi!».
Sul viso dell’Abate si disegnò un’espressione profonda, lo sguardo di chi cerca prima le domande, poi le risposte. Era entrato nell’ordine degli Umiliati diversi anni prima. Subito, aveva percepito l’energia infusa dagli ideali ispirati a una profonda religiosità. Ora era incaricato di condurre l’Abbazia e di gestirne l’economia basata principalmente sulla produzione di feltro. L’acqua era dunque fondamentale.
Ma non era questo che aveva turbato tanto Fra Candido, e non era a questo che stava pensando il giovane Abate mentre rifletteva a capo chino con la punta delle dita unite sotto il naso.
«Chi mai può aver fatto questo?», chiese quasi a se stesso.
«Non lo so», rispose Fra Candido aprendo le braccia per poi lasciarle cadere.
L’Abate sospettava che l’obiettivo di tale gesto fosse impedire la visita prevista l’indomani: Maifreda da Pirovano, detta la Papessa. Donna nobile, di rara intelligenza, suora dell’ordine degli Umiliati. Professava i principi di Guglielma di Milano, altrettanto nobildonna in attesa di beatificazione per i miracoli compiuti. Prima di morire, Guglielma stessa elesse Maifreda sua Vicaria. Ecco perchè Papessa.
L’Abate decise di concentrarsi sul problema più imminente: l’acqua dei pozzi inutilizzabile. Per nulla al mondo avrebbe rinunciato a sentire i discorsi della Papessa.
In seguito, si sarebbe occupato di trovare l’autore del misfatto.
L’Abate guardò per un istante fuori dalla finestra. Le campagne intorno all’Abbazia erano striate di bianco e di nero. Il cielo aveva quella luce tenue e rosata dell’alba invernale. Si sedette alla scrivania. A Fra Candido parve si fosse allontanato di mille chilometri.
«Fratello Candido, dai ordine di recuperare quante più pertiche di feltro possibili. Legatele assieme e gettatele nei pozzi dopo averle affrancate ai bordi».
Fra Candido rimase immobile. Gettare il loro prezioso feltro nei pozzi? E perché?
Trasalì quando il Priore batté un pugno sul piano della scrivania: «Presto, Fratello, fai come ti dico». Il tono era benevolo e Fra Candido uscì di corsa seguito dalla benedizione del priore che gli scaldò il cuore.
Il feltro prosciugò i pozzi, ne pulì i fondi, i fianchi e bonificò la sorgente. L’acqua tornò potabile.
L’indomani la Papessa arrivò all’Abbazia di Mirasole con il suo nutrito seguito. Celebrò messa, predicò la beatificazione di Guglielma da Milano. Usò parole che non lasciavano fraintendimenti: Cristo è stato figlio di Dio, sua incarnazione maschile. Guglielma e stata figlia di Dio, sua incarnazione femminile. Ella risorgerà.
I frati, le monache dell’ordine degli Umiliati la ascoltavano attenti e rapiti. Tutti tranne uno. Colui che riportò le parole di Maifreda al tribunale inquisitorio. Divenne sorvegliata speciale.
Il 10 aprile 1300, Pasqua, Maifreda, in abiti sacerdotali, celebrò Messa solenne secondo le liturgie.
Morì nello stesso anno, a settembre, dopo un processo che la vide colpevole di eresia e per questo condannata al rogo.
Il giovane Priore conservò per sempre nella memoria il significato delle parole che Maifreda da Pirovano gli aveva sussurrato: Dio è uomo, Dio è donna, Dio è tutto.
Nota dell’autrice: i fatti sopra descritti relativi all’Abbazia di Mirasole sono frutto di pura fantasia. Il resto è liberamente ispirato dalla storia.