Provo affetto per ogni mia borsetta; quasi sempre dimentico di chiuderle “la bocca” a rischio di perderne il contenuto, ma, per me, far scorrere la cerniera lampo fino alla fine senza incepparla è impresa impossibile. La scelgo firmata “Mercato Rionale”, o “Conbipel”: non intende competere con la Kelly Bag, la M. Kors, o la Birkin della Hermes per la quale, pur disponendo di diecimila euro, una donna è costretta ad attendere anni.
Colui che da cinque decenni mi vive accanto non ha mai voluto “mettere mano” all’interno di una mia borsa: ne teme l’esplosione o, più semplicemente, evita l’incontro con il mio vulcanico clone che rispecchia, e rivela, ahimé, il mio modo di essere. “Me la reggi un attimo?”, chiedo qualche volta e lui, dopo averla soppesata fingendo la conseguente rottura del braccio, domanda: ” E’ la tua arma da difesa, o il bagaglio per andartene?”
I miei nipoti, catechizzati già in fasce, non le si avvicinano, si limitano a chiedere: “ Nonna, tu hai per caso?: una caramella, un cerotto, un temperino, una matita, una biro, un foglio di carta, una bottiglietta d’acqua, lo scotch, un fermacapelli, una forbice, una merendina, lo spray contro le zanzare? “ Dopo ogni fruttuosa, spesso faticosa, “pescata” mi gratificano con un sorriso soddisfatto urlando: “Nonna! Tu hai la borsa di Mary Poppins!”.
Confesso che neppure io possiedo la mappa del mio tesoro, ma so che dal mio sacco magico si potrebbero estrarre anche: tre colorati ganci in ferro “No for climbing” con appese mezzo chilo di chiavi, un cellullare a forma di mattonella, un lucidalabbra, uno specchietto, una scatoletta per l’apparecchio dei denti – con spazzolino e dentifricio da viaggio incluso -, un mini flaconcino spray con acqua benedetta (lo so, difficile crederci), depliants di infinite pubblicità (corsi, supermercati, mobili, ristoranti, tende da sole, imbianchini, viaggi vacanza etc.) biglietti da visita, fazzolettini, un block notes, e, per onestà nei miei confronti, prima delle monetine che riposano sul fondo, accennerò all’onnipresente pacchetto di sigarette e ai suoi dispositivi a fiamma.
L’esperienza più dolorosa – da oggi al primo posto nella classica dei guai combinati da una mia borsetta -, l’ho vissuta ieri, domenica. Mi trovavo allo Stand del Centro Donne, per la festa del Paese e chiacchieravo con Valeria e Gianna quando ci ha raggiunte Annamaria dell’Auser che ci ha carinamente donato delle piantine grasse, contenute in bicchieri di plastica, la cui arida terra purtroppo urlava vendetta. Le ho dissetate con abbondante acqua e, – stavo ancora conversando! – “a casaccio” ho infilato i bicchieri nella (bocca spalancata della) borsetta, che alloggiava nel cestino della bicicletta.
Poi, causa un certo ritardo, pedalando con un certo vigore lungo le strade verso casa, ho transitato sistematicamente su ogni dissuasore presente, alzandomi pure in piedi sui pedali, ignara che la borsa shakerava allegramente, irrimediabilmente!, il contenuto.
Dopo aver acquistato anche un morbido portafoglio color verde, oggi ho inaugurato la nuova borsa, con ogni “ben di Dio” rimpiazzando gli oggetti irrecuperabili, bagnati o terrosi.
Provo affetto per “la nuova arrivata”; come le precedenti è: indispensabile, capiente e la sua finta pelle riporta colorati disegni astratti che adoro. Il suo disordine si presenta perfetto: da 10 e lode ed é risultato subito facilissimo incastrare la sua lunga cerniera lampo.
16 settembre ’19