Ricordi d’infanzia

Quando mia madre ci disse che saremmo andati via – allora si diceva “faremo San Martino” era il 29 giugno del 1959.
Ricordo la mia corsa nella piccola stradellina dove andavo con Annarosa a cercare le prime viole di campo e la Iuli ci veniva dietro con la sua andatura, fermandosi di tanto in tanto dietro di noi con il suo fare pigro.
La Iuli era un setter da caccia dal pelo maculato tra il rosso e il bianco.
Le volevamo bene e lei voleva bene a noi.
Ricordo le sue cucciolate che ci rendevano felici. La sua cuccia era nel garage del nonno Tranquillo di nome ma non di fatto.
Guardavo il profilo del pioppeto lontano, avvolto dai colori dell’imminente tramonto che avevo visto tante volte in quei dieci anni trascorsi al mio paese..
Le mie lacrime scendevano silenziose sulle mie guance, nella consapevolezza che quei momenti non li avrei più avuti.
Infatti, il nostro trasferimento a Milano, in periferia, avvenne di notte.
Arrivammo il mattino presto dove, ad attenderci era il portiere di un vecchio edificio a cinque piani.
Lì c’era il nostro appartamento composto da due stanze, con il bagno fuori sulla ringhiera.
Io piangevo, stordita per il viaggio ma soprattutto mi sembrava tutto così irreale.
Tenevo tra le braccia una bambola di pezza che mi aveva dato mia madre, che stringevo a me come l’unico bene che mi fosse rimasto.
Alle prime luci del mattino scorsi le ringhiere del palazzo opposto ….ci divideva un cortile.
Una parete a lato lasciava intravedere oltre una porta senza rifiniture, l’ingresso a un cortile più piccolo che portava a una palazzina più piccola di quattro piani.
Ricordo il colore dei gerani, tanti gerani e qualche oleandro che le donne avevano messo per abbellire il loro impossibile giardino.
Il primo giorno fu un andirivieni di scatoloni, portati a braccia da mio padre e dagli zii che ci avevano dato il loro aiuto per sistemare i pochi mobili.
Iniziava l’estate.
Le famiglie che vivevano nel palazzo erano tantissime. Tanti bambini e tanti gatti che gironzolavano intorno facevano parte del mio nuovo mondo.
Quel 29 giugno aveva un’aria di festa e si notava tanta allegria nel vociare delle persone.
Mi colpì vedere la ringhiera di fronte, al terzo piano, tutta ornata di fiori fino al piano terreno.
Come mai tutta quella parata?
E arrivarono molti curiosi da fuori con volti sorridenti.
Ma certo : la Rosa e il suo Domenico festeggiavano cinquant’anni di matrimonio e tutti volevano esserci : grandi, piccini e gatti.
Arrivò pure la banda
Tutti con i nasi all’insù nella direzione dei festeggiati circondati da figli e nipoti. Iniziarono le note di “oh mia bela Madunina”
Amavo la musica, la banda intono’ altri motivi più o meno melanconici e con gli altri bambini, che ancora non conoscevo, fui trascinata in un girotondo senza fine. Un’altra vita era al suo inizio.
La Signora Rosa era una bella donna con i capelli completamente candidi raccolti dietro la nuca. Il suo Domenico lo ricordo con i baffoni enormi all’Umberta. Aveva gli occhi di un azzurro trasparente.
Due persone emozionate da tutto quel trambusto organizzato per loro da quella comunità festante.
Quel cortile, anzi, i due cortili erano divenuti un piccolo cosmo.
Notai che la parete divisoria fra i due cortili era ornata da fiori color glicine. Erano IRIS.
Li avrei visti fiorire negli anni che seguirono e compresi nel tempo l’arrivo dell’estate.

Per amore dell’Amore

 

Chissà se domani
ancora sarai capace
per amore dell’Amore
di ricominciare da capo
con amore e senza porre
un limite all’Amore

Chissà se domani
sarai capace un’altra volta
per amore dell’Amore
di provare la sensazione
di soffrire perché ami
e… rimetterci ancora!

 

 

 

 

Fuori da

Fuori da questa oscura notte

pieni di lividi per troppe botte

uciremo pallidissimi nel viso

sulle labbra un grande sorriso

 

Fuori da questa notte oscura

dopo il tormento e la paura

nonostante lunghissimi capelli

ci riconosceremo tutti fratelli

 

Fuori da questa notte oscura

di ognuno di noi avremo cura

guariremo le ferite sanguinanti

saremo felici davvero in tanti

 

Fuori da questa oscura notte

con chili di troppo e ossa rotte

sapremo leggerci nel cuore

riscoprendo la magia dell’Amore

“Corona Virù”

Anche oggi davanti alla Farmacia

ho pianto con donne della mia età

In una ricerca diventata già tabù

per la presenza del “Corona Virù”

odiamo la realtà che è quasi pazzia

e non ci porta a vedere un nipote

o a ricevere un abbraccio per la via

 

E queste lunghe notti in bianco

da sirene di ambulanze musicate

da guanti e mascherine terminate

da tuttologi e grandi bufale inondate

da mille notiziari visti alla Tivù

ridotti in questa silenziosa schiavitù

ci consoliano con un altro tiramisù

 

Dio è stanco. Ancora non morto

Da troppo tempo Lui si è accorto

dei nostri inutilili miti falsi idoli

della politica fatta di immoralità

di animali bruciati in quantità

di treni deragliati aerei caduti

bambini abbandonati cuori perduti

 

Troppo Male. In questa inciviltà

mancava la serenità, la serietà

avanzava corruzione e meschinità

In un vortice di stordente velocità

nessun rispetto. A zero la dignità

Inorridito, incredulo, Lui da lussù

ci donava comunque un cielo blu

 

Agli arresti di obbligata vacanza

pronti ad alimentare la speranza

torniamo a scoprire ogni virtù

pur di esorcizzare il “Corona Virù”

Un giorno Dio ci apparirà risorto

In cambio per la Sua immortalità

esige da noi preghiere di fragilità.

 

Attesa

Dio del Cielo

Bellissima

e

lunga è la vita

Migliaia e migliaia

di attimi in fila

un lungo esercito

sconfinato

 

Demone del Virus

Velocissima

e

breve è la morte

Un palpito lieve

lo spazio di una

tua orrenda

decisione

Ma… come va?

Ma… come va?
Come l’onda del mare sbrocca
al sopraggiungere del vento
si arrotola senz’ossa
nell’orizzonte del buio
trattiene tra i denti di pietra
la schiuma salata
e poi il sole accecato e vorace
la secca tra i ciottoli
dorati della battigia.

Nordicando

Com’è bello nordicare in compagnia
Per scacciare la malinconia.
Col profumo della natura
Nulla ci farà paura.
Ma che bello
Udire il canto del fringuello
che non sempre noi ascoltiamo
perché spesso chiacchieriamo.
C’è un sentiero un po’ fangoso
che risulta  scivoloso
E con un passo fiducioso
Seguiamo il Paolo strepitoso
che per noi sceglie i sentieri
che ci fan sentir leggeri.
Mentre veloci bacchettiamo
molti chilometri maciniamo.
Non si scherza con la salute,
con il Nordic non si discute!
Buon anno ai nordicanti
veterani e principianti.
Con i nostri cari saluti
Siete tutti benvenuti.

Rose

 Rose

Rose

di cui non sento la fragranza,

mi circondano come cornice.

Procedo incerta.

Luci abbaglianti di giorno

mi accecano

come fosse notte.

Dal cortile voci infantili mi trafiggono

con le loro lame.

Quando la mia anima e il mio corpo

danzeranno in armonia?

 

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