Sei scomparso
mi ostino a cercarti
nel libro della mia vita
ancora aperto
Sono viva qui
non voglio sapere
quanto ancora
il domani il dopo
Lego il tempo
con catene di parole
che barcollano prima
di librarsi leggere
19,12,2022/Lab 3
Sei scomparso
mi ostino a cercarti
nel libro della mia vita
ancora aperto
Sono viva qui
non voglio sapere
quanto ancora
il domani il dopo
Lego il tempo
con catene di parole
che barcollano prima
di librarsi leggere
19,12,2022/Lab 3
Mani
Le mie mani vorrei stasera
sorelle tra le tue in abbandono
in questo piovoso novembre
che a stento mi rimanda
un altro autunno rosso infuocato
Le tue mani vorrei stasera
per infilarmi in un silenzio
dolce, felice, innamorato
e ritrovare un senso compiuto
di benessere e quiete del cuore
Parma Hotel Toscanini
il ticchettio della pioggia
i nostri corpi vicini
Voci. Voci
Fuori voci discordi
Dentro dolcissimi accordi
Ricordi?
Voci. Voci
Note disegnate nell’aria
e una bottiglia di Moet Chandon
So che ti ricordi
sul far d’autunno
son le mie parole
racconto di me
Nevica da ore. I fiocchi volteggiando si posano sul prato e sul vialetto di casa, provati da un lungo viaggio. Il paesaggio è incantato: tutto tace, la pace mi avvolge; si ode solo il rumore dei miei stivali che sollevano la soffice neve. Divertita ne prendo una manciata e la passo sul viso come facevo da bambina, quando fingevo di truccarmi.
Anche Mel, la mia cagnolina, incuriosita dalla neve balzella qua e là come una capretta e sulle zampe le si formano piccoli ghiaccioli simili a calzini intonati col pelo nero e riccioluto. Corre veloce nonostante la neve e io fatico a tenere il suo passo… si diverte tanto!
Con gli schiamazzi lontani dei bambini la mia mente fruga nel passato e i ricordi ritornano più vivi che mai. Un sorriso si stampa sul mio volto: ero bambina e guardavo la neve dalla finestra con il nasino all’insú. Immaginavo che mi cadesse addosso; ma la finestra era chiusa. Stavo finendo i compiti, ma mi distraevo in continuazione, tanta era la voglia di raggiungere gli amici giù nel prato che stavano facendo un pupazzo di neve. Terminati i compiti, mi preparai frettolosamente.
La mamma aveva lasciato sull’uscio gli stivali di gomma neri che, ahimè, lasciavano passare il freddo, e i calzettoni che mio fratello portava per le passeggiate in campagna con il papà e, benché mi andassero larghi, li indossai volentieri. Nella tasca della giacca a vento riposi un sacchetto con bottoni colorati per decorare il pupazzo di neve.
Una volta scesa, gli amici mi accolsero tirandomi delle palle di neve che finirono puntualmente all’interno del collo della giacca a vento. Dopo la corse sfrenate sulla neve ci divertimmo lasciandoci cadere all’indietro e, assetati e incuriositi, assaggiammo la neve. Com’era buona!
Venne il momento di pensare al nome da dare al pupazzo. Subito ci trovammo d’accordo con Gelo. Sarebbe stato di buon auspicio: così avrebbe tardato a sciogliersi.
Le ore trascorrevano velocemente e il nostro Gelo prendeva forma. Quando l’avevamo ultimato eravamo saltellanti per la gioia: era bellissimo ed elegante con i miei bottoni! Quando il sole era già calato la mamma chiamò più volte dalla finestra avvisandomi che stava per scodellare la minestra. Salutai gli amici e Gelo, stanca e contenta.
Rientrando a casa rimasi con i piedi nudi sul pavimento riscaldato dai pannelli; avevo la sensazione che truppe di formiche li solleticassero tanto erano freddi, innescando una reazione di forte prurito.
A tavola, mentre divoravo la cena, raccontavo soddisfatta ai familiari del pomeriggio trascorso. Dopo, pensando al pupazzo che mi avrebbe atteso il giorno dopo per essere abbellito ancora di più, caddi un un sonno profondo.
Sognai Gelo. Era elegantissimo: indossava un frac, un cappello a cilindro e un papillon a pois rossi e bianchi e aspettava solo di essere invitato a casa di nonna Betta (la nonna di Silvia, Rita e Luigino) che ci avrebbe preparato un tè caldo con fette di pane e marmellata di fichi fatta in casa. Per concludere il pomeriggio avremmo giocato alla tombola degli animali ma, ahimè, il povero Gelo non poteva entrare in casa a farci compagnia, altrimenti avremmo assistito al suo dis-Gelo… Con coraggio riuscimmo a convincerlo a rimanere fuori e promettemmo di salutarlo dalla finestra.
Mi svegliai la mattina seguente ristorata dopo il lungo sonno e, mentre mi preparavo per recarmi a scuola, pensavo che sarebbe stato bello se nonna Betta ci avesse invitati davvero per la merenda: avremmo potuto ammirare Gelo dalla finestra tra una fetta e l’altra di pane e marmellata… Chissà, forse il sogno si sarebbe avverato.
Oggi, ritrovandomi in questa distesa di neve in compagnia di Mel, come potrei dimenticare che quel sogno si è poi avverato?
L’amore gioca
si diverte
capovolgendo la realtà
ti viene incontro
con passi di velluto
si arrampica veloce
alle pareti del tuo cuore
improvvisa
l’innamoramento
infrange divieti
spariglia calendari
ride incontrollato
danza nei tuoi occhi
accendendo la fantasia
si diverte
Gioca l’amore
19/12/2020
La parola sbagliata minaccia
colpisce
ferisce
perseguita
rovescia veleno
senza pietà
non trova pace
e ti priva di vita
La parola giusta senza esitare
strappa
il velo
dell’indifferenza
dell’egoismo
della malafede
dell’ipocrisia
e della diffidenza
La parola affettuosa regala
benessere
sorrisi e bontà
vive
appassiona
sorprende
e ti schizza via
dalla banalità
17.11.2020
Giorni perduti
implodendo
lentamente
nel purgatorio
delle sale d’attesa
Costruire un muro
attorno a me
mantenermi salda
Fingere
di non soffrire
Riversare il mio cuore
sulla carta
prepotentemente
Evitare
le vertigini
Giorni perduti
implorando
devotamente
nel labirinto
dei mille pensieri
Ieri il nostro collega Paolo non si è fatto vedere né sentire per tutta la giornata, mancando all’appuntamento delle ore nove con un cliente di tutto riguardo. Mentre il Dirigente andava minacciando di punirlo anche per mancanze non commesse, Mimma ed io siamo entrate in modalità “fibrillazione”. Mai era accaduto prima che il Responsabile, persona signorile, seria e comprensiva, si indignasse al punto da snocciolare improperi accompagnati da un linguaggio gestuale così volgare.
Assente ingiustificato, ma perdonabilissimo, Paolo era rimasto coinvolto in un evento di quelli indelebili; memorabile al punto che oggi i quotidiani ne forniscono varie versioni. Partito da Piazza della Repubblica a bordo della sua amatissima Vespa, si trovava a seguire un’autobetoniera calcestruzzo nel traffico caotico di Via Appiani. Per evitare di investire un passante distratto e frettoloso che gli si era parato davanti, l’autista del pesante automezzo è stato costretto ad una rapidissima frenata.
Ridotta bruscamente la velocità, il contraccolpo ha favorito la fuoriuscita di materiale edile dalla bocca della betoniera stessa. Il nostro giovane collega, impossibilitato a rallentare, si è ritrovato all’istante ricoperto da ghiaia, sabbia e cemento, correndo così il rischio di finire murato vivo, insieme al suo mezzo. Non osiamo confessarlo apertamente ma ci si legge in volto che anche noi due, come tutti gli altri colleghi, – compreso il nostro Dirigente -, volentieri avremmo presenziato allo spettacolo offerto dal suo “effetto statua”.
Naturalmente ci auguriamo possa venire dimesso presto dalla clinica in cui si trova ricoverato, per una grave irritazione all’apparato respiratorio. E’ un ragazzo sano, giovane, brillante e sportivo: tornerà senz’altro in buona salute. Insieme ad altri, domattina ci sarò anch’io a fargli visita. Per oggi, con Mimma, mi accontento di osservare divertita, commentandole, le immagini dei giornali che lo immortalano.
13 Aprile 1988
Due spiriti
Due modi di ridere
Due occhi per vivere
Due mani si cercano
Si confrontano
nel giardino bellissimo
del mondo
Coi colori pastello
disegnano
tutte le sfumature
dei paesaggi interiori
dell’anima
E’ un rapporto complesso
Dolce al tempo stesso
Due spiriti
ignari della realtà
che dalla felicità separa
sono grati
al mistero dell’Amore
che offre riparo
e li rende
l’uno all’altro caro