Mi piacciono le borse. Da quest’estate ne ho una nuova.
Per la verità non è una borsa vera e propria: è uno zainetto, misura da bambina, che ho trovato in un negozietto, in montagna.
Comperato perché il mio vecchio, estivo, aveva deciso di mostrare al mondo tutto il suo contenuto: si era rotta la cerniera.
Requisiti per il nuovo acquisto dovevano essere: un costo contenuto, forma arrotondata, una dimensione ridotta, un colore allegro, non di plastica. Trovato.
Sfondo blu cielo estivo notturno, stampa con farfalle e fiori, dal rosa al giallo all’azzurro, di stoffa morbida, chiusura a secchiello, con pattina anteriore e bottone, profili e tracolla color cuoio. Due piccole tasche davanti.
Immediatamente riempito.
Prima le tasche davanti con fazzoletti di carta perché c’è sempre qualcuno che ha la “candela”, un lucidalabbra per darmi un tono, uno stick per le macchie della vecchiaia e qui non vorrei spiegare il perché, qualche tic tac per evitare il calo di zuccheri.
All’interno poi, più al sicuro, le chiavi di casa, il portafoglio,piccola cassaforte di utilità e sentimenti, con le foto dei miei figli vestiti da pipistrelli per un carnevale, quelle dei miei genitori e parenti ancora giovani, le carte di credito, la patente, la c.i.e. e un numero considerevole di carte fedeltà di vari negozi, infine il cellulare.
Ci sono anche le borse per la spesa,solitamente tre,una grande e resistente e due piccole e riciclabili, per ogni eventualità.
C’è poi una scatolina di analgesico per il mal di testa perché quando sono in giro, e mi capita di averlo, immediatamente prendo una pastiglia per godermi appieno quello che sto facendo.
Per ultimo in questi giorni , nella mia borsa, ci sono due cose che ho trovato tra le foto a casa di mio fratello: una patente di carrista del 1939 di mio papà ( che all’epoca aveva ventun anni), con accanto a questa data, il numero romano XVII a indicare gli anni passati dalla marcia su Roma di Mussolini e una lettera scritta da lui a mia mamma.
È un intarsio, ingiallito dal tempo o forse no, ritagliato secondo varie pieghe e angoli così che aprendola sembra un pizzo. MERAVIGLIOSA .
Non ho avuto ancora il coraggio di leggerla perché mi sembra di violare la loro intimità.
Me lo vedo mio padre, giovane soldato, in un momento di pausa dalle manovre del C.A.R., appoggiato a un muretto , che intaglia la carta e poi , con il cuore nella felicità, scrive alla sua bella. Ignari entrambi di quello che di lì a poco sarebbero stati costretti a vivere .
Fra qualche giorno forse la leggerò e nell’attesa penso che le borse sono come le persone: quello che hanno dentro è più interessante di quello che si vede fuori .
Gabriella