Sto volando sulle ali del cuore
Che mi riporta a te.
Ritroverò la mia Patria intatta
O al mio ritorno solo cenere e dolore?
L’acqua del mare luccica sotto di me
E il cielo mi confonde.
Quando tornerò da te, potrò ancora chiamarti casa?
Terra mia tu sei il mio destino
È per te che mi lascio trasportare
Da questo vento freddo in questa terra inospitale.
Mi mancano i tuoi campi color miele
Ricchi di orzo e di poesia
Mi mancano i tuoi profumi e i tuoi sapori
Così sinceri da riempirti di promesse
E intanto plano sulle pianure desolate
Di questo mondo alieno che non sa
Abitato da esseri dagli occhi chiusi
E i pugni serrati come le loro menti
I figli di un Adamo sbagliato
Terra mia tu sei il mio destino
Quando tornerò da te,
potrò ancora chiamarti casa?
Uno straccetto ( Wohlly )
Ho scordato uno straccetto,
di pizzo
— vecchio merletto —
Si riconosce appena
nel vaso sul davanzale
tra i piedi di uno schizzinoso
caprifoglio dorato,
tanto con la terra
si è sporcato.
Qui cimici amiche
le une accanto alle altre
come scudi crociati
per svernare si sono schierate.
Ripiegando lo straccetto
benedico
il nostre trascorrere
attraverso la morte
per ritrovare la vita.
Teresa ed io ( Dedicato alla mia bisnonna )
Candido stupore
accoglie l’alba
e il caldo abbraccio
di un manto
avvolge dolcemente,
impalpabile trama
che ti sveli tre le mie dita
accarezzo il tempo che passa
e ricami di silenzio e speranza
Docili fiocchi si sfiorano
nell’ inesorabile calare
della neve.
Maria (Dedicato a Maria Callas).
Sotto un cielo di cedri e di pini c’è silenzio,
Il crepuscolo prepara l’atmosfera soffusa alla sera
Sirmione indossa strass prepara le coppie per l’intimità.
Un vento gentile mi accompagna, sa che non mi raggiungerai
questa notte Amore.
Attraverso il parco e scendo lenta, verso il lago,
nei vicoli il tumulto della folla si sta placando
mentre una bruma violetta
mi sale dall’acqua sino al cuore.
Una voce rotta e dolcissima fa tremare
è un corpo di donna vestita di sogni
lo strascico sfiora il lago.
Ha gli occhi neri, ardenti e una voce
posseduta dalla nostalgia
ebbra di gloria e abbandono
è una voce che è gelo,
ma non tace la speranza
una voce soprano di parole antiche
voce oltre la morte viva canta “Casta Diva”.
C’è silenzio sopra un cielo di cedri e di pini
la notte svanita,
Sirmione si risveglia nel tiepido respiro dell’aurora
un’ombra di luna e la sua stella opalescente e muta.
Io sono qui e guardo il lago
e ti sento vibrare e sono tua
completamente in tua malia
Divina Maria.
FUOCO
C’è una luce
Nascosta sotto la mia pelle
Si accende ad ogni tuo tocco
Ad ogni tuo sospiro
Brucia
Come il fuoco
Arde prendendosi la mia testa
Il mio cuore
Si spegne
Quando te ne vai
E io maledico
Il mio cuore
La mia testa
Sei una droga
La peggiore
Voglio che smetta
Urlo il mio odio
La mia dipendenza
Poi arrivi
Il fuoco ricomincia a bruciare
Mi arrendo
Ancora una volta
E un’altra ancora
Niente mi sazia
Niente ti sazia
Il viaggio di Dante
Cosa hai provato, o Dante,
quando hai raggiunto i meandri della Terra
e i suoi anfratti più bui,
dove l’afrore del dolore umano
era l’unico segno di vita?
Hai forse tremato,
nel vedere anime strette in catene d’ombra,
grida spente nell’eco dei secoli,
o hai camminato saldo,
sapendo che oltre quel buio
giaceva ancora la speranza?
Il dolore è un vento sordo,
che piega l’anima come fronda d’autunno,
eppure tu, poeta,
hai guardato negli occhi di quel vuoto
e hai cercato la scintilla nascosta,
l’ultimo battito,
il filo sottile che non si spezza.
Cosa hai provato, o Dante,
quando la terra si apriva sotto i tuoi passi,
e le urla del tempo ti scavavano il petto?
Forse hai sentito il freddo dell’eterno,
l’indifferenza delle stelle lontane,
o forse hai scorto, nel cuore del dolore,
il segno di una redenzione lontana.
Cosa hai provato, o poeta,
quando hai lasciato l’Inferno alle tue spalle?
Forse nulla di più
che l’eco di un battito,
che continua a vibrare,
come il canto delle stelle,
oltre il tempo e oltre la notte.
Aries
Piccola scintilla
esplosa alla luce
di una nuova primavera
ardi di energia
il mondo
e infiammi
col tuo fuoco
i nostri cuori.
Segno caliente
tramandato
da generazioni
perpetui nel tempo
l’abbraccio infuocato
della vita.
XL
Rubina estate
evoca folli sogni
di felicità
Quanti passi
Mi sembra ieri che sono partita
carica di dubbi che son già certezze
di silenzi frantumati nel fragore dei vetri.
un fagotto sulle spalle
per non sentire il peso dei giorni
troppo uguali
e fino all’uscio le urla di mia madre
” Ti perderai”
e le fusa del gatto
che si struscia ai polpacci.
ho camminato passi persi
in spazi di illusioni,
contro me stessa vigili,
attenti sull’orlo dei baratri.
Passi nudi mescolati alla terra:
germogli ancorati a tenaci radici.
Passi folli sospinti dal tumulto del cuore:
danze nuove instabili equilibri.
Ora pesa sempre più questo fagotto
fatto liso dal dolore che consuma
ognuno dentro,
mentre un passo dopo l’altro naturalmente avanzo.
Perchè io so che al di la c’è un oltre.
Il mio oltre mi attende.
Spleen
Il sogno si palesa.
Immagini di ieri
in un chiaroscuro
di lampi e di ombre
svelano
volti scavati
dalle rughe del tempo.
Ricordo le dolci carezze
prima del brusco risveglio.
Ah come vorrei essere là ora
come vorrei che ora fosse allora
quando il sogno palesava
frementi aspettative
mentre oggi
è un torrente gelato che corre
fino a morire nel mare.