Maria (Dedicato a Maria Callas).

Sotto un cielo di cedri e di pini c’è silenzio,
Il crepuscolo prepara l’atmosfera soffusa alla sera
Sirmione indossa strass prepara le coppie per l’intimità.
Un vento gentile mi accompagna, sa che non mi raggiungerai
questa notte Amore.
Attraverso il parco e scendo lenta, verso il lago,
nei vicoli il tumulto della folla si sta placando
mentre una bruma violetta
mi sale dall’acqua sino al cuore.
Una voce rotta e dolcissima fa tremare
è un corpo di donna vestita di sogni
lo strascico sfiora il lago.
Ha gli occhi neri, ardenti e una voce
posseduta dalla nostalgia
ebbra di gloria e abbandono
è una voce che è gelo,
ma non tace la speranza
una voce soprano di parole antiche
voce oltre la morte viva canta “Casta Diva”.
C’è silenzio sopra un cielo di cedri e di pini
la notte svanita,
Sirmione si risveglia nel tiepido respiro dell’aurora
un’ombra di luna e la sua stella opalescente e muta.
Io sono qui e guardo il lago
e ti sento vibrare e sono tua
completamente in tua malia
Divina Maria.

 

 

FUOCO

C’è una luce
Nascosta sotto la mia pelle

Si accende ad ogni tuo tocco
Ad ogni tuo sospiro

Brucia
Come il fuoco

Arde prendendosi la mia testa
Il mio cuore

Si spegne
Quando te ne vai

E io maledico
Il mio cuore
La mia testa

Sei una droga
La peggiore

Voglio che smetta
Urlo il mio odio
La mia dipendenza

Poi arrivi
Il fuoco ricomincia a bruciare

Mi arrendo
Ancora una volta
E un’altra ancora

Niente mi sazia
Niente ti sazia

Il viaggio di Dante

Cosa hai provato, o Dante,
quando hai raggiunto i meandri della Terra
e i suoi anfratti più bui,
dove l’afrore del dolore umano
era l’unico segno di vita?

Hai forse tremato,
nel vedere anime strette in catene d’ombra,
grida spente nell’eco dei secoli,
o hai camminato saldo,
sapendo che oltre quel buio
giaceva ancora la speranza?

Il dolore è un vento sordo,
che piega l’anima come fronda d’autunno,
eppure tu, poeta,
hai guardato negli occhi di quel vuoto
e hai cercato la scintilla nascosta,
l’ultimo battito,
il filo sottile che non si spezza.

Cosa hai provato, o Dante,
quando la terra si apriva sotto i tuoi passi,
e le urla del tempo ti scavavano il petto?
Forse hai sentito il freddo dell’eterno,
l’indifferenza delle stelle lontane,
o forse hai scorto, nel cuore del dolore,
il segno di una redenzione lontana.

Cosa hai provato, o poeta,
quando hai lasciato l’Inferno alle tue spalle?
Forse nulla di più
che l’eco di un battito,
che continua a vibrare,
come il canto delle stelle,
oltre il tempo e oltre la notte.

Aries

Piccola scintilla
esplosa alla luce
di una nuova primavera
ardi di energia
il mondo
e infiammi
col tuo fuoco
i nostri cuori.
Segno caliente
tramandato
da generazioni
perpetui nel tempo
l’abbraccio infuocato
della vita.

Quanti passi

Mi sembra ieri che sono partita

carica di dubbi che son già certezze

di silenzi frantumati nel fragore dei vetri.

Un fagotto sulle spalle

per non sentire il peso dei giorni

troppo uguali

e fino all’uscio le urla di mia madre

” Ti perderai.”

Ho camminato passi persi

in spazi di illusioni,

contro me stessa vigili,

attenti sull’orlo dei baratri.

Passi nudi mescolati alla terra:

germogli ancorati a tenaci radici.

Passi folli sospinti dal tumulto del cuore:

danze nuove instabili equilibri.

Ora pesa sempre più questo fagotto

fatto liso dal dolore che consuma

ognuno dentro,

mentre un passo dopo l’altro spontaneamente avanzo.

Perchè io do che al di la c’è un oltre.

Il mio oltre mi attende.

Spleen

Il sogno si palesa.

Immagini di ieri
in un chiaroscuro
di lampi e di ombre
svelano
volti scavati
dalle rughe del tempo.

Ricordo le dolci carezze
prima del brusco risveglio.
Ah come vorrei essere là ora
come vorrei che ora fosse allora
quando il sogno palesava
frementi aspettative

mentre oggi
è un torrente gelato che corre
fino a morire nel mare.

Masca

No! Non ballo con l’angelo io.

non mi lascia piume bianche

ne mi sento più leggera poi.

Io ballo con un demone.

No! Non ballo con un demone

io danzo con un demonio

che mi prende quale fossi

sua stessa fiamma

e riarsa brace mi possiede

in incavo di quercia,

da ogni affetto mi allontana

insieme ad ogni ombra

mi fa sua sposa

marchiata sul petto a lettere scarlatte:

LA SORDA!

Soldato

La città nemica è uguale a Milano

c’è un parco nel centro

e nel parco un albero ricurvo

sulle panchine

ha la pelle tatuata

come hanno i ragazzi

che incidono le iniziali

e gli dicono le loro idee.

Proprio ieri l’albero schiudeva le gemme

all’azzurro puro.

Parola d’ordine non guardare!

Un elmo mi nasconde dalla città nemica.

Parola d’ordine non ascoltare!

Rombi nello strazio di aria violata.

Ti ripongo nel mio petto Madre

come pugnale nel mio cuore

proprio ieri partivo soldato.

Sulla Terra stuprata  le impronte delle mie ginocchia.

 

 

rifletto e condivido

A volte basta un flash per aprirci la mente e portarci alla presa di coscienza di ciò che stiamo vivendo.
Mi è successo ieri ed ho capito quale è la mia situazione di questo periodo.
Come più volte ho condiviso su questo blog, da mesi sto facendo una grande fatica a motivo di difficoltà deambulatorie e di forti dolori che le accompagnano. Questo mi ha comportato e mi comporta una sorta di chiusura verso il “mondo” che mi circonda come se io non facessi parte del contesto ma potessi solo “ritirarmi” attribuendo questo atteggiamento alle difficoltà oggettive.
Come dicevo ieri ho avuto uno scossone e mi sono detta che forse sto sbagliando e che andando avanti così mi chiuderò sempre di più con conseguente depressione e senso di inutilità. Allora cosa fare? Mi sono detta che devo fare tutti gli sforzi necessari per “reinserirmi nelle relazioni” che invece sto evitando come se ne avessi paura. Inoltre devo imparare a non guardarmi con “compatimento” ma avere la consapevolezza di essere amata dai miei famigliari, dagli amici e soprattutto da Dio Padre : non sarà facile questa inversione di tendenza ma so che è necessaria per non “morire di solitudine”
Grazie a tutti coloro che leggeranno questo scritto e mi comprenderanno,
Carla

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