Racconti e Poesie

Il Carnevale

Ogni anno mi prende una grande eccitazione per il Carnevale. L’emozione di vivere per qualche ora nella pelle di un altro personaggio si impadronisce di me e mi mette una specie di frenesia addosso. Purtroppo non riesco mai a preparare per tempo il costume che vorrei.

Ogni anno, al termine dei festeggiamenti, faccio elaborati piani per farmi trovare pronta alla scadenza successiva, ma quasi mai ci riesco.

Non tralascio però di travestirmi, seppure con poco.

Quest’anno ho percorso a piedi mascherata da angolana il tragitto da casa mia al paese vicino, dove la ricorrenza viene festeggiata più in grande stile da grandi e piccini. Era una bella giornata mite benedetta da un sole caldo. Sono partita a piedi col volto coperto da una maschera e con una gran voglia di fare una passeggiata. Lungo il percorso ciclo-pedonale ho mietuto sorrisi benevoli da coppie di mezza età, sguardi sorpresi da automobilisti di passaggio, occhi sgranati da bambini in bicicletta, increduli che anche gli adulti potessero vivere così profondamente questa festa. Già il percorso di avvicinamento al luogo dei festeggiamenti è stato un divertimento. Ogni tanto si incrociava lo sguardo con altre maschere e subito era intesa, sorrisi abbozzati o addirittura uno scambio di battute.

Una volta sul posto, la musica ad alto volume, i carri allegorici, la quantità di maschere mi hanno travolto e alleggerito. Insieme a molte dozzine di persone abbiamo sfilato per le vie del paese. Ho chiesto a numerosi gruppi e singoli il permesso di fotografarli, alcuni costumi erano davvero originali.

Il tema proposto quest’anno dalla ProLoco del paese era il riciclo, dunque abbondavano ampi abiti femminili realizzati con cucchiai di plastica, con carta di giornale, con materiali vari di recupero. Alcuni uomini erano vestiti da rifiuto, con una tuta bianca e una grande R sulla schiena. Ho addirittura scorto un uomo vestito con un abito realizzato in Pluriball!

Dopo l’esibizione danzereccia, la distribuzione di chiacchiere e la premiazione delle maschere più originali, il mio tragitto verso casa è stato allietato dalla dolcezza del tramonto sulle campagne circostanti, questi paesaggi rurali costellati da vecchie cascine tranquille, non degne di nota, ma comunque a me care.

L’anno prossimo voglio vestirmi da Marianna (Maid Marian), l’arciera della saga di Robin Hood.

Amanesh (Piccola stella) Piccolo Angelo color cioccolato

Ti ho adottata a distanza. Scelta in meno di due secondi davanti ad una fotografia; il tuo sguardo, così simile al mio, mi aveva calamitata inesorabilmente. Era il 24 gennaio 2015, il giorno del mio compleanno.

Il Centro Aiuti per l’Etiopia mi forniva queste informazioni: da anni attendevi l’adozione; eri nata il 1° gennaio 2006 (data non certa); la tua mamma in Cielo si chiamava Dakité; vivevi con il papà in una capanna fatta di fango; andavi al Centro Bukama St. Francis e frequentavi la prima classe.

Con il naso sopra la cartina geografica dell’Atlante del mondo, insieme ai miei nipotini, cercavo di trovare Wolayta, il poverissimo Paese dove vivevi, situato a 360 chilometri a sud di Addis Abeba,vicino al fiume Omo. Sapevo che l’Etiopia era stata colpita più volte dalla carestia e troppi bambini stavano soffrendo (e morendo) di fame. Le richieste di adozione erano tantissime e mi giungevano da più parti. Non potevo fingere indifferenza. Sono stata felice di poter contribuire alla tua crescita, per migliorare la tua esistenza, e offrirti un’infanzia più dignitosa e buona; purtroppo di persona non potevo donarti neppure un abbraccio o un sorriso. Negli anni a seguire, dopo l’arrivo del Capodanno, ricevevo regolarmente notizie dal Centro di Accoglienza, accompagnate da una tua fotografia dalla quale evincere la tua serena crescita. Nel 2018 nulla. Sebbene fossi piuttosto preoccupata, prima di ottenere informazioni ho dovuto lasciar trascorrere altri due interminabili mesi, durante i quali non ho mai smesso di sperare, con tutto il mio cuore, che si fosse trattato soltanto di un banale ritardo o di un disguido postale. Invece…

“Carissimi tutti del Centro Aiuti per l’Etiopia e alla c.a. della Sig.ra Maura, non mi è facile accettare il contenuto della Vs. email; per questo motivo ho lasciato trascorrere del tempo prima di risponderVi. Tutti noi in famiglia (amici compresi) abbiamo voluto, e dovuto, elaborare, se così posso dire, la “perdita” di una piccola stella color cioccolato di nome Amanesh, da noi molto amata. Mio nipote la considerava la sua “seconda sorellina”; mia nipotina, invece, ci chiede di pregare per lei dovunque si trovi ora, e ci consiglia di decidere “presto prestissimo” per la nuova adozione. Lei gradirebbe ci venisse assegnato un “maschietto”. Per quanto mi riguarda fatico a ricacciare le lacrime. Mi tormenta il pensiero che neppure al Vs. ultimo appello la bambina sia stata presente. Mi rammarico un pò al pensiero che il mio “Diario per Amanesh” si sia interrotto (spezzato) proprio alla vigilia del giorno “dell’inondazione delle mimose”. Tengo viva la speranza. Vi chiedo: “Qualora la bambina si rifacesse miracolosamente viva e dovesse rivolgersi al Vs. stesso Centro per un aiuto, sarebbe ancora possibile venisse assegnata in adozione alla nostra famiglia?” Questo, naturalmente, a prescindere dal fatto che siamo felici della proposta di sostituzione con altro bimbo/bimba bisognoso di aiuto, del quale vorrete darci notizia. Grazie per quanto fate. Molti cari saluti. Elvira.

P.S. Non smetteremo di nutrire affetto per Amanesh, “Piccolo Angelo color cioccolato.””

(NB. Mentre scrivo, dal Giornale Radio arriva la notizia che ieri un aereo della Ethiopian Air Lines é precipitato facendo una strage di volontari Italiani. Su quell’aereo viaggiava la speranza di chi vuol fare diventare migliore il mondo: un esercito della bontà che offre esempi di coraggio e di umanità. Persone meravigliose.)


Mimose 2019

Con il tempo
Con il tempo imparerò
a tenere sigillate le orecchie del cuore
e a non più ascoltare il dolore,
voce di donna che mi assorda:
dall’interno di un ascensore
dalle scale mobili della metropolitana
dalla toilette di una discoteca
dal sedile di un’auto nel bosco
dal salotto buono di casa
dalle pagine di un giornale
dallo speaker del telegiornale
locale, regionale, nazionale.
Con il tempo imparerò
Con il tempo


Anche se avessi il tempo
oggi poco mi importa
le lacrime non le trattengo
il mio essere più non sopporta
sapere di un’altra violenza
e mi sgorga una preghiera spontanea
per te giovane incolpevole ragazza,
per quelle venute prima di te,
per noi tutte, da sempre e per sempre.


Anche se avessi del tempo
mi domando dove potrei cercare,
in quale luogo inesistente
potrei incontrare un Buon Dio
che mi sappia spiegare
perché ci dobbiamo piegare
al volere di un feroce animale
che non è fatto a nostra immagine
tanto meno a Sua somiglianza.
Sebbene lo abbiamo sbocciato alla vita
con tenerezza e con gioia infinita,
troppo volte “ne abbiamo abbastanza”
e anche oggi non mantengo la distanza
VOGLIO urlare la mia ripugnanza.


NON C’E’ PIU’ TEMPO…
è in arrivo un’altra ambulanza


Diario di una strega

D14 Febbraio Festa dell’amore Oggi maggiormente riconosciuta come festa di San Valentino, il 14 Febbraio si celebra la festa pagana dell’Amore, dedicata al Dio Luperculus chiamata Lupercalia. L’origine della festa degli innamorati è quindi il tentativo della Chiesa cattolica di porre termine ad un popolare rito pagano per la fertilità che veniva celebrato in questo periodo dell’ anno. Il mese di Febbraio, per i popoli pagani, è considerato il periodo in cui ci si prepara all’ arrivo della primavera, considerata la stagione della rinascita. Si iniziano quindi rituali volti alla purificazione delle case, si fa ordine e pulizia nella propria vita. Un rituale di fertilità che si svolgeva ogni anno, in questo periodo, per onorare il Dio Luperculus, consisteva nell’ inserire in un urna i nomi di giovani donne e uomini, pescandoli poi casualmente. Le coppie che così si formavano vivevano per un anno in intimità, proprio come segno di devozione a Luperculus. L’ anno successivo il rito si riproponeva, formando così nuove coppie. Fu nel 496 D.C. che la Chiesa decise di sostituire la Festa pagana dell’Amore e della Fertilità con la festa di San Valentino, patrono degli innamorati. Sostituzione che avvenne certamente per nascondere ed eliminare i rituali pagani dediti alla fertilità. Il santo in questione, San Valentino, nacque nel 175 D.C. e fu il primo vescovo a celebrare un matrimonio tra una pagana ed un cristiano, atto per il quale divenne famoso e per il quale probabilmente venne scelto come santo dedicato a questa giornata di festa. (e fu così che si scatenarono i peccati di desiderio)

Blù

Di nuovo quasi primavera

fastidiosa già di insetti

e stridere di rondini

chi le canta romantiche

ha in cuore solo un verso di monotonia

stridente

filtrante da quelle loro

tane sospese

tradite

dalla sporca peluria

affaticate

da involontaria costanza

un frullo rapido

un uovo

una paglia

un verme

Un viaggio da stormo rassegnato.

Quale amore vuoi? (“Coperta” d’albergo)

Quale amore vuoi?

            Un volo tra le stelle

Un tuffo nella fantasia

La sua pelle un po’ ribelle

Solo una sveltina e via

Quale amore vuoi?

            Un uragano di parole

                Un mare sotto il sole

                Un vecchio sogno coccolato

                Un fiore già sbocciato

Quale amore Vuoi?

                Un prato di periferia

                La sua bocca frenesia

                Un castello di bugie

                Una giostra di allegrie

Quale amore vuoi?

            La tua amante di domani

                Un nido caldo per il tuo uccello

                Il tocco magico delle sue mani

                Un ricordo violento e bello            

Quale amore vuoi?

            Una terra un po’ straniera

                Il suo scalpo per bandiera

                Un rimorso che ti renda migliore

                Uno sfogo al tuo lato peggiore

Quale amore vuoi?

                Dai, non avere esitazioni

                Sì, accetta ordinazioni

                Coraggio, non è un miraggio

                E’ lei la tua fata di passaggio

Una brutta poesia di Natale

UNA BRUTTA POESIA DI NATALE
di Benedetta Murachelli – dal libro “Tra fuorvianti brezze”

Che bello

che viene Natale
che spolvera tutti i giorni dell’anno
che è nascita di tanti bambini Gesù
che cresceranno sereni,
di molti altri bambini
che moriranno di fame,
con i chiodi della croce di Cristo
piantati in alveoli creati per bianchi dentini,
che noi tutti vorremmo essere più buoni
ma che sorpasseremo frettolosi
il solito o la solita clochard
accovacciata davanti alla porta del
supermercato
con la supplica negli occhi e nel bicchiere la
speranza,
che saltelleremo intorno ai finti abeti
addobbati,
che sazi ci addormenteremo davanti alla TV
sul solito caldo e accogliente divano
trascinando vittoriosi nei sogni i babau delle crisi.-
Domani,
sì, dal 26  dicembre tutto cambierà,
tutto cambierà come mai,
come mai.

Prepotenti le dita

Vi è mai capitato di avvertire un brivido di rivalsa fino all’estrema punta delle dita, l’impulso di ingaggiare con la tastiera un duello all’arma… d’inchiostro, di voler consumare la pelle dei polpastrelli su vocali e consonanti che, anarchiche e ribelli, si riuniscono in parole a cui cercaste di non arrivare mai? Oggi mi opprime questa prepotenza e la mente infila strade sconosciute, seducenti e infide, penetra in budelli semoventi attorcigliati come serpenti su ricordi creduti riposti e rimossi. Sto male, insidiosi appigli di terreni scivolosi trattengono guerriglie d’amore, regolarmente perse, inutili investimenti su tempi nati già morti condannati da virus inattaccabili. Eppure anche questa di oggi è stata una giornata normale, notte alba luce il giusto grigiore di stagione, tutto a posto. La finestra docile specchia l’ombra ondeggiante degli aceri, il vetro chiuso trattiene il calduccio artificiale della stufa, un insetto si industria in capriole per non cadere nelle giravolte del vento. Sì, c’è anche il vento, una folata fa scricchiolare le tapparelle, turbina intorno a una carta abbandonata sul balcone poi risale le correnti di ghiaccio della notte. Provo a pensarmi e pensarti ma non se ne va questa fastidiosa appiccicosa mielata malinconia. 

I Gatti ed io

I GATTI ED IO
(Alle 4,15 del buio)
Elvira Breviglieri

Perché non tacete
gatti del cortile
nella notte pervasa
da quest’insonnia sottile?

Perché miagolate
gatti abbandonati
nelle lune vecchie
di sogni maltrattati?

Perché piangete
gatti testardi
nelle ore umide
di pendoli infingardi?

Perché vi disperate
gatti solitari
nella penosa libertà
di palpiti amari?

Perché v’azzuffate
gatti nemici
nel sentimento misto
di attimi felici?

Perché, perché non vi zittite
gatti in calore
nella carezza viva
di un probabile amore?

La Bayadère

La Bayadère – Benedetta Murachelli

E dopo il 10 arriva l’11
ed è un obbligo stamani Signore svolare lo spazio con
la tua serpeggiante S maiuscola, c’hai sbriciolato dentro
e sopra la testa scintille d’arte di musica di poesia di gesti,
di sfide alla tua smisurata onniscienza:
Generoso e (forse distratto) hai sciolto l’avarizia gocciolando
sfarzo e pietas sulla corteccia di cuori irriverenti.

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