Tutti gli articoli di Antonella Rando

Uno straccetto ( Wohlly )

Ho scordato uno straccetto,
di pizzo
— vecchio merletto —
Si riconosce appena
nel vaso sul davanzale
tra i piedi di uno schizzinoso
caprifoglio dorato,
tanto con la terra
si è sporcato.
Qui cimici amiche
le une accanto alle altre
come scudi crociati
per svernare si sono schierate.
Ripiegando lo straccetto
benedico
il nostre trascorrere
attraverso la morte
per ritrovare la vita.

 

 

Il calendario sulla pelle

Sazia di sole e mare decido di visitare i tesori archeologici che l’isola mi offre.
Parto di buon mattino, a bordo dell’autobus locale con destinazione Heraklion, entusiasta al pensiero che presto avrei ammirato uno dei musei più importanti al modo.
Il mezzo procede lentamente le fermate sono parecchie alcuni passeggeri sostano in piedi, il caldo si sta facendo insopportabile.
Mentre comodamente seduta mi guardo in giro stupita di come tanta gente può confluire in così poco spazio, noto una donna molto anziana vicino me. È di corporatura minuta, ha le spalle curve, gambe larghe leggermente inarcate.
Si sta asciugando il sudore dal volto con un lembo del fazzoletto nero legato sotto il mento che copre testa e fronte, indossa una camicia a maniche lunghe, un grembiule allacciato in vita sopra la gonna alle caviglie, calza stivaletti da contadina, tutto rigorosamente nero, ha una sporta tracolla.
Provo una tenerezza istintiva per questa vecchietta, mi alzo in piedi agitando un braccio per invitarla ad occupare il mio posto.
Avverto inaspettata la pressione leggera delle sue piccole dita appoggiate alla mia mano; si regge in equilibrio durante il breve tragitto che la separa da me. Sento la sua pelle, punteggiata da macchie scure e dalla quale affiorano spesse vene, ruvida sotto la mia e grinzosa tra le ossa. La mano odora di cipolle, osservo qualche traccia di terra incastonata tra le unghie molto corte, inizia a borbottare tra sé come una filastrocca, sembra di ascoltare la voce sottile e gioiosa di una bimba.
Fisso sul suo viso illuminato dal sorriso le ombre scure di solchi profondi scavati dal susseguirsi delle stagioni, scorgo sulla pelle il colore delle zolle riarse dal sole e nei suoi occhi, infossati sotto le sopracciglia aggrovigliate, ne sono certa, un tempo azzurri, il grigiore di un eterno autunno. Si siede a fatica, mi libera la mano dalla sua, poi borbottando ancora fruga dentro la sporta mi fa dono di una carota e mi benedice impartendomi il segno della croce. Sono grata a questa donna per avermi riservato un gesto tanto importante, la vedo volgere il capo verso il finestrino e assopirsi piano piano.
La pagina di storia scritta sulla sua pelle è uno dei ricordi più belli che conservo dell’isola di Creta.

Maria (Dedicato a Maria Callas).

Sotto un cielo di cedri e di pini c’è silenzio,
Il crepuscolo prepara l’atmosfera soffusa alla sera
Sirmione indossa strass prepara le coppie per l’intimità.
Un vento gentile mi accompagna, sa che non mi raggiungerai
questa notte Amore.
Attraverso il parco e scendo lenta, verso il lago,
nei vicoli il tumulto della folla si sta placando
mentre una bruma violetta
mi sale dall’acqua sino al cuore.
Una voce rotta e dolcissima fa tremare
è un corpo di donna vestita di sogni
lo strascico sfiora il lago.
Ha gli occhi neri, ardenti e una voce
posseduta dalla nostalgia
ebbra di gloria e abbandono
è una voce che è gelo,
ma non tace la speranza
una voce soprano di parole antiche
voce oltre la morte viva canta “Casta Diva”.
C’è silenzio sopra un cielo di cedri e di pini
la notte svanita,
Sirmione si risveglia nel tiepido respiro dell’aurora
un’ombra di luna e la sua stella opalescente e muta.
Io sono qui e guardo il lago
e ti sento vibrare e sono tua
completamente in tua malia
Divina Maria.

 

 

Brezza

Sfilo lo giacca la butto sulla sedia, appoggio la borsa e resto qualche minuto nell’angolo scuro del soggiorno: ti guardo rimestare una pietanza che sobbolle nella pentola.
Cosa ci faccio qui come una ladra, non voglio altro che scappar via!
Spegni il fornello, metti il coperchio, vieni a salutarmi “Ciao Mara, non ti aspettavo tanto presto, niente straordinari questa sera?”. Adesso dico il suo nome che non mi da pace gli dico che non mi sono mai sentita così viva prima di lui che con lui ho incontrato la donna meravigliosa che sono che è uno strazio separarci quando stiamo insieme.
Adesso glielo dico che sono qui pesche’ lui mi ha dato buca “Un imprevisto“ . SMS sul cellulare. “Non cercarmi chiamerò”.
Intanto stappi un prosecco, versi il vino mi offri il calice prendi il tuo, ti seguo in terrazza. “ Sei bella, sai, come non ti vedevo da tempo”. Distolgo lo guardo, cerco le luci che calmano il buio al cielo.
Voci di ragazzi allegri accompagnano una leggera brezza avvolgente: porta con se il tepore della primavera e carezza l’inverno per allontanarlo.
La stessa brezza che ho visto oggi sconvolgere le giovani foglie di un Prunus, stuzzicarmi con il suo profumo intenso e sospingermi da te.
Un brivido mi corre lungo la schiena un senso di eccitazione, terrore, forse tenerezza. Sei bello così affaccendato in cucina con la t shirt attillata e i capelli lunghi, li noto solo ora, ti vengo vicino ti tolgo la frutta dalle mani ti abbraccio.
Adesso te lo dico che ho bisogno di te che non devi lasciare sola che ti voglio bene che… non c’è niente di male se mi sono innamorata…passerà. Ti bacio, sai di ananas e per un istante del nostro sapore ritrovato, ti bacio ti stingo ti bacio. Mi restituisci uno sguardo stupito mentre mi slacci la camicetta e io ti bacio ancora e ti voglio Luca. Prima che questa brezza svanisca per sempre.

Quanti passi

Mi sembra ieri che sono partita
carica di dubbi che son già certezze
di silenzi frantumati nel fragore dei vetri.
un fagotto sulle spalle
per non sentire il peso dei giorni
troppo uguali
e fino all’uscio le urla di mia madre
” Ti perderai”
e le fusa del gatto
che si struscia ai polpacci.
ho camminato passi persi
in spazi di illusioni,
contro me stessa vigili,
attenti sull’orlo dei baratri.
Passi nudi mescolati alla terra:
germogli ancorati a tenaci radici.
Passi folli sospinti dal tumulto del cuore:
danze nuove instabili equilibri.
Ora pesa sempre più questo fagotto
fatto liso dal dolore che consuma
ognuno dentro,
mentre un passo dopo l’altro naturalmente avanzo.
Perchè io so che al di la c’è un oltre.
Il mio oltre mi attende.

Masca

No! Non ballo con l’angelo io.
non mi lascia piume bianche
ne mi sento più leggera poi.
Io ballo con un demone.
No! Non ballo con un demone
io danzo con un demonio
che mi prende quale fossi
sua stessa fiamma
e riarsa brace mi possiede
in incavo di quercia.
Da ogni affetto mi allontana,
insieme ad ogni ombra
mi fa sua sposa.

Marchiata sul petto a lettere scarlatte:
LA SORDA!

Soldato

La città nemica è uguale a Milano
c’è un parco nel centro
e nel parco un albero ricurvo
sulle panchine,
ha la pelle tatuata
come hanno i ragazzi
che incidono iniziali
e gli dicono le loro idee.
Proprio ieri l’albero schiudeva le gemme
all’azzurro puro.
Parola d’ordine non guardare!
Un elmo mi nasconde dalla città nemica.
Parola d’ordine non ascoltare!
Rombi nello strazio di aria oltraggiata.
Ti ripongo nel mio petto Madre
come pugnale nel mio cuore
proprio ieri partivo soldato.
Sulla Terra stuprata  le impronte delle mie ginocchia.

 

 

Attimo

Il cielo si apre
in uno dei suoi orizzonti
più azzurri
raggi pennellano
cirri scarmigliati
che s’involano
verso oriente,
questo basta
a perdonare la pioggia
che mi ritorna
il sentore di terra bagnata
e del suo seme.

 

 

 

Scaramanzia

Dentro al tondo

di un catino ci sciacquavi

le verdure

con le mani

e le brutture

alla luce

del mattino

ci leggevi

anche il destino

galleggiava la buona sorte

giù in fondo resta la morte!

Rigirata l’acqua poi

la versavi

nel giardino

per nutrire frutti e fiori

e buttare via i dolori.

 

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