Ho nove anni, i miei genitori hanno bisogno di me, del mio contributo.
Mi mandano in campagna a lavorare da un proprietario terriero.
Sono troppo giovane per riuscire ad immaginare cosa mi aspetta.
Appena arrivato mi mostrano la mia sistemazione per dormire: un lercio materasso nella stalla.
Al mio risveglio conosco il primogenito del mio padrone, ha un’aria crudele e nessun riguardo per i bambini. È un tempo in cui i bambini come me sono solo manodopera.
Le giornate di lavoro mi lasciano esausto.
La terra è bassa e il sole picchia, anche il figlio del padrone. Quando torno nella mia nauseabonda dimora non dimentica mai di venire a tormentare la sua vittima. Non c’è nessuno a difendermi, non mi resta che subire.
Sono troppo piccolo per reagire e devo portare i soldi a casa. Mi sento un prigioniero.
Non credo che resisterò a lungo, mi manca la mia famiglia, mi manca mia madre.
Provo a rassegnarmi ma è troppo da sopportare.
Trovo il coraggio, scappo!
Decido di farlo di notte così nessuno se ne accorgerà. Mi immergo nel buio pesto nella campagna, e la vista non è il mio senso piu efficiente, solo un tenue bagliore della luna ad indicarmi la direzione. Ogni minimo fruscio mi terrorizza, forse un serpente o peggio un orso. Corro più veloce che posso verso casa che mi sembra più lontana che mai. Finalmente giungo in paese e realizzo che non posso presentarmi dai miei, le botte potrebbero moltiplicarsi. Vago per due giorni nascondendomi come posso finché un paesano mi trova e scopro che i miei genitori mi stanno disperatamente cercando.
Mi porta a casa. Mia madre corre verso di me e mi abbraccia, incrocia lo sguardo di mio padre, lui non osa dire niente.
Da quel momento basta terra.
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