Florence sentiva un sacro fuoco ardere dentro di sé. Non un fuoco qualunque, ma una di quelle fiamme che ti fanno sentire invincibile, destinato a grandi cose. Peccato che il fuoco di Florence fosse alimentato dal carburante sbagliato: l’assoluta convinzione di essere una grande cantante.
Fin da piccola aveva deciso che avrebbe coltivato questo suo talento innato. Durante una recita scolastica, mentre tutti gli altri bambini cantavano “Jingle Bells”, lei, senza alcun preavviso, aveva trasformato la melodia in una specie di assolo metal. L’insegnante aveva pianto, ma non per commozione.
L’anno successivo pensò a una crudele beffa del destino quando, alla nuova recita, le assegnarono la parte della sirenetta che, a causa di un sortilegio, era diventata muta. «É un delitto sprecare una voce come la mia!» aveva protestato invano.
Crescendo, iniziò a esibirsi ovunque: compleanni, matrimoni, persino funerali. Una volta cantò Amazing Grace durante la commemorazione funebre di uno zio, e il prete si dovette fermare per spiegare ai presenti che l’ululato che era risuonato per tutta la chiesa non era un segno apocalittico.
Lei, sorda a ogni critica o consiglio, tirava dritto per la sua strada. «Ho il fuoco della passione!», diceva, e chi lo ascoltava pensava che fosse piuttosto un incendio fuori controllo.
Decise di iscriversi a un talent show locale chiamato “Falling Stars”. Lì, di fronte a una giuria composta da un macellaio, un’insegnante in pensione e un DJ che sembrava allergico alla vita, Florence diede il meglio di sé. O il peggio, dipende dai punti di vista.
Scelse di cantare “My Heart Will Go On”. Ora, immaginate un cinghiale innamorato che grugnisce alla luna dopo una sbronza epica: quello era il livello. I giudici non sapevano se ridere o chiamare un veterinario. Quando finì di cantare, ci fu un silenzio surreale, poi la gente cominciò a fischiare e a lanciare pomodori.
Nonostante il fallimento, Florence non si arrese: «La passione vincerà su tutto!» insisteva, mentre la sua famiglia disperata si barricava in casa ogni volta che lei tirava fuori il karaoke.
Un giorno, però, accadde qualcosa di straordinario. Durante una sagra di paese, il sistema audio si guastò. La gente iniziò a rumoreggiare e il presentatore, disperato, chiese a Florence di cantare a cappella per intrattenere il pubblico. «Almeno tireranno i pomodori a lei e non a me!» pensava.
Lei salì sul palco con la stessa sicurezza di un elefante, ignaro della sua stazza, che entra in un negozio di porcellane. Cominciò a cantare una versione improbabile di “My Sharona” e qualcosa di magico accadde: il pubblico scoppiò a ridere. Ma non una risata cattiva, bensì una risata contagiosa, sincera. Florence, senza saperlo, aveva trovato il suo vero talento: far divertire le persone.
Da quel giorno, abbandonò i sogni di essere una cantante famosa e divenne l’attrazione comica più richiesta delle sagre di tutta la provincia. Il fuoco della passione bruciava ancora ma, finalmente, aveva trovato la sua vera vocazione: portare gioia, stonature e un po’ di follia ovunque andasse.
E così visse felice, storta e (quasi) contenta.
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