Capelli corvini fino a novant’anni “perché così potete vedermi sempre giovane”, colore preferito il rosso, carattere fumantino non con noi figli, solo con nostro padre che sembrava essere quello che subiva, nella coppia, ma in effetti era il magma sotterraneo che faceva esplodere il vulcano.
Lei, la mia mamma. Donna esuberante, canterina, così vivace che la sua sorella maggiore che le ha fatto da mamma come ai suoi tre fratelli ,perché la loro era morta di parto, una volta la legò giovanissima alla gamba del tavolo perché non andasse in balera a vedere gli altri ballare.
Lei mi ha insegnato ad affrontare la vita con leggerezza, non lasciandomi abbattere dalle difficoltà ma trovando anche nelle vicende più problematiche qualcosa di buono da vivere e da imparare.
La ricordo quando io, alunna delle medie in crisi di fronte a un’espressione matematica particolarmente ostica, me la ritrovavo accanto che mi diceva :”Io ho fatto solo la terza elementare, non capisco queste espressioni , però resto qua vicino a te e ti faccio compagnia”. E più di una volta, rifacendole, le espressioni risultavano esatte.
Ricordo anche la sua voce acuta, da soprano, quando la domenica mattina , cantando, steccava la carne con l’aglio per renderla più appetitosa e la sua allegria mi contagiava. Ho imparato tantissime canzoni cantando con lei. Non ricordo particolari abbracci, baci o carezze da parte sua, ma nei momenti importanti lei era lì.
Anche se a sua insaputa mi ha insegnato cos’è l’autonomia, lasciandomi tornare a casa da scuola da sola, vincendo la paura di percorrere un lunghissimo pezzo di strada e fidandomi di me e delle mie forze .
Accanto a lei, durante la mia vita in famiglia, c’è stata anche un’altra specie di mamma, la zia , sua sorella (quella della gamba del tavolo ).
Diametralmente opposta, mi aspettava quando tornavo da scuola con il pranzo pronto, mi ha corretto tante volte i temi e fatto rifare i disegni delle persone perché erano sempre troppo grasse, mi ha insegnato a giocare a scala quaranta, a lavorare all’uncinetto, a fare la pizza, a sistemare la cartella in camera invece di lasciarla per terra in corridoio , come facevo di solito.
Regole, divertimento, autonomia mi hanno aiutato a crescere e a trovare il centro della mia vita.
E io che mamma sono stata?
Non mi sono fatta nessuna domanda quando i miei figli erano piccoli e neppure adesso che sono grandi.
Per deformazione professionale ho avuto un unico pallino : quello della scuola. Mi piaceva che loro leggessero tanti libri, imparassero bene le tabelline e si portassero avanti nei loro compiti. Per il resto ho vissuto , riso, giocato e sono diventata grande insieme a loro.
Ricordo che di giorno ci sono sempre stata mentre di notte chiamavano “papà ” perché io non sentivo le loro voci. Oggi che sono adulti e mi scopro a osservarli, mi dico che quello che vedo mi piace e sono contenta per loro e un po’ anche per me.
Lei, soprannominata ” farfallina durina” perché morbida fuori e tosta dentro sta attraversando l’esistenza con forza e leggerezza come la sua nonna. La osservo mentre legge i libretti ai suoi bambini, li abbraccia , li bacia, li accarezza, li porta a spasso, parla con loro anche in inglese, prepara le loro pappe e si sveglia di notte quando piangono.
E allora penso che tutti noi siamo stati bambini fortunati perché abbiamo avuto una mamma e qualche volta anche due .
Gabriella
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