Oggi inauguro un nuovo elegante tailleur color corallo indossandolo per la prima volta; è bello davvero e mi cade perfettamente. Ho abbinato una camicetta bianca ed un paio di scarpe, dal tacco medio alto, colore blu cielo sulla cui punta è inserita una sottile striscia obliqua che richiama la tonalità dell’abito. Una spilla color oro, identica a quelle “da balia” ma più lunga, chiude la gonna a portafoglio a metà coscia, è decorativa senza dubbio ma serve a tenere fermo il lembo di stoffa asimmetrica sovrapposta.
Look perfetto per una ghiotta occasione: un “pranzo premio” che oggi viene offerto dal Presidente della Società multiservizi, per la quale mi prodigo da oltre dieci anni, ad alcuni responsabili dei vari Uffici, di cui faccio parte. La nostra gradita presenza è prevista per le ore 13.00 in un raffinato ristorante di Via Senato; nostro compito sarà fungere da grazioso corollario ad un personaggio Vip – fratello di un personaggio pubblico extra Vip – che sta per arrivare in compagnia del suo fotografo personale, dicono.
Gli Uffici della nostra prestigiosa Azienda si trovano in Centro Città, ubicati all’interno di un grande palazzo d’epoca, distribuiti su tre piani ospitano un organico di duecento unità. La felice posizione dell’edificio è molto invidiabile, ideale per me al punto che lo stress da pendolarismo, la stanchezza quotidiana e il peso delle responsabilità vengono alleggeriti dal fascino irresistibile che esercita questo inimitabile cuore pulsante della Metropoli.
Le ore tredici sono trascorse da diversi minuti ed io sto consumando una dose di nicotina, accompagnata dal quinto caffè della mattina, quando vengo convocata in Direzione: qui la “mega segretaria”, con eccessiva serietà e studiata compostezza, comunica ai premiati che il pranzo deve essere posticipato ad altra data: l’ospite atteso si è scusato ma urgentissimi impegni lo reclamano altrove. Senza commentare sorridiamo facendo “buon viso a cattivo gioco”. Alcuni di noi optano per un salto al Burger King, altri alla tavola calda; decido di tornare nel mio ufficio dove ad attendermi trovo un nuovo carico di fascicoli di pratiche da svolgere. Il mio senso del dovere ha la priorità, il lavoro verrà scrupolosamente terminato entro oggi con la collaborazione della collega Mimma, dirimpettaia di scrivania, rientrata or ora dal suo solito pranzo fugace.
Lei, ottima segretaria, giovane signora che da sempre mi lavora accanto e di cui sono particolarmente buona amica, trovandosi in sovrappeso tenta di seguire una sempre più moderna “dieta dimagrante”, io, non più giovane, magrissima in taglia 38, rinuncio a seguire quella “ingrassante” insensibile all’idea di eliminare il disdicevole cocktail a base di caffeina e nicotina che compone il mio limitato menù. Trascorro ulteriori tre ore immersa nelle carte e impegnata al telefono prima che il mio organismo dia voce ad una legittima protesta: Mimma si offre di scendere al “bar di sotto” per prendermi del cibo ed un caffè.
Scostata la sedia dalla scrivania, divaricate per benino le gambe, reggendo con la punta delle dita di entrambe le mani un untuoso tramezzino che sgocciola, spingo il busto in avanti chinandomi leggermente. Lo strato del panno della gonna soprapposto si apre creando un bizzarro, poco signorile, “effetto scopertura”.
Nell’attimo esatto in cui addento il primissimo boccone, qualcuno spalanca di botto la porta alla mia sinistra, facendoci sussultare. Vediamo spuntare una testa maschile che sporgendosi in avanti getta sguardi indagatori di qua e di là. Poi segue un corpo che entrando si protende direttamente verso il mio …tramezzino. Sollevato a malapena lo sguardo, il volto ormai color del corallo, riconosco immediatamente l’uomo che è entrato, mi ha guardata ed ha sorriso divertito scuotendo il capo. “Buon appetito!, signora…?”
“Elvira” risponde prontamente Mimma sorridendogli bonariamente, ammiccando nella mia direzione e sforzandosi di non far scoppiare la sua, rumorosa, irresistibile risata.
“Tranquilla, la prego. Continui pure tranquilla. Scusate il disturbo, vado cercando il Dr. F.”
L’improvvisato ospite scoppia a ridere e prima di allontanarsi mi gratifica con una divertita strizzatina d’occhio; dalla soglia ci saluta con la mano, si scusa nuovamente e coglie l’occasione per tornare ad osservarmi, ma non in volto.
Fulminandola con uno sguardo abrasivo, posando il dito indice in verticale sulle mie labbra chiuse, proibisco a Mimma di proferire parola; poi, con desolazione, osservo le macchie di unto che hanno battezzato il mio nuovissimo tailleur rosso corallo che, – sono pronta a scommetterlo – , a lungo conserverà l’incantevole ricordo dell’incontro con un Vip.
Precisazioni dovute: Correva l’anno 1993; il ristorante da Alfio ha chiuso definivamente nel 1997; gli Uffici della “mia” Società nell’anno 2002 si sono trasferiti lontano dal Centro Città.
10 febbraio 2020
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