Il calendario sulla pelle

Il calendario sulla pelle

Sazia di sole e di mare decido di visitare gli incantevoli tesori archeologici che l’isola mi offre.

Parto di buon mattino, a bordo dell’autobus locale con destinazione Heraklion, entusiasta al pensiero che presto avrei ammirato uno dei musei più importanti al modo.

Il mezzo procede lentamente le fermate sono parecchie, alcuni passeggeri sostano in piedi, il caldo

si sta facendo insopportabile. Mentre comodamente seduta mi guardo in giro stupita di come tanta gente può confluire in così poco spazio, noto una donna molto anziana non tanto distante da me.

E’ di corporatura minuta, ha le spalle curve, gambe larghe leggermente inarcate “ per sorreggere il peso

degli anni”, penso. Si sta asciugando il sudore dal volto con un lembo del fazzoletto nero che copre testa e fronte, legato sotto il mento.

Indossa una camicia a maniche lunghe, un grembiule allacciato in vita sopra la gonna alle caviglie, calza

stivaletti da contadina, tutto rigorosamente nero, ha una sporta tracolla.

Provo una tenerezza istintiva per questa vecchina, mi alzo in piedi agitando un braccio per invitarla ad occupare il mio posto.

Avverto inaspettata la pressione leggera delle sue piccole dita appoggiate alla mia mano; si regge in

equilibrio durante il breve tragitto che la separa da me.

Sento la sua pelle, punteggiata da macchie scure e dalla quale affiorano vene spesse, ruvida sotto la mia

e grinzosa tra le ossa. La mano odora di cipolle, osservo qualche traccia di terra incastonata tra le

unghie molto corte; inizia a borbottare tra se’ come una filastrocca, sembra di ascoltare la voce sottile e gioiosa di una bimba.

Fisso sul suo viso illuminato dal sorriso, le ombre scure di solchi profondi scavati dal susseguirsi delle

stagioni, scorgo sulla pelle il colore delle zolle riarse dal sole e nei suoi occhi, infossati sotto le sopracciglia aggrovigliate, ne sono certa, un tempo azzurri, il grigiore di un eterno autunno.

Si siede a fatica, mi libera la mano dalla sua, poi borbottando ancora fruga dentro la sporta mi fa dono

di una carota e mi benedice rivolgendomi il segno della croce.

Sono emozionata e grata a questa donna per avermi riservato un gesto tanto importante.

La vedo volgere il capo verso il finestrino e assopirsi piano piano.

La pagina di storia scritta sulla sua pelle è uno dei ricordi più belli che conservo del’ isola di Creta.

Antonella Rando

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