Maria stava lavando i panni nel torrente che scendeva impetuoso dalle colline per poi allargarsi giù a valle dove avevano sistemato i sassi per strofinare la biancheria e batterla.
A Maria piaceva fare la lavandaia. Quasi tutte le sue amiche preferivano andare nei campi a fare le mondine.
A Maria, piacevano gli odori e i rumori che sentiva mentre lavorava. Si divertiva ad attribuirgli colori, come se lei stessa appartenesse a un quadro.
Sapone di Marsiglia? Bianco
Erba schiacciata? Verde
Narcisi in fiore? Giallo
Vento che asciuga i panni? Azzurro
Pietra bagnata? Grigio.
Maria era giovane, forte e bella. Promessa sposa, anche se lei mica ci pensava al matrimonio.
Quel giorno d’inverno, Maria aveva le mani rosse e screpolate dal freddo. Faceva fatica a sbattere i panni, ma lo stesso, si distraeva con i colori. Il cielo aveva tonalità antracite e prometteva neve, quella grossa.
Avrebbe steso i panni in casa, in solaio. Suo padre aveva sistemato una stufa ricavata da vecchi mattoni delle case distrutte dalla guerra. Guerra? Marrone scuro, si diceva Maria, come le camicie dei tedeschi che si vedono sempre più di frequente in paese.
Lei non ci capiva nulla della guerra. Fascisti, nazisti, alleati, le sembravano figure distanti, come i rombi degli aerei che spesso passavano nelle notti.
Improvvisamente il vento condusse a Maria un rumore di passi, cauti, attenti a non spaventare.
«Come ti chiami?», le chiese una voce maschile. Maria pensò al colore del suono. Rosso. Come quello che si affacciava sul suo volto.
Si girò di scatto senza lasciare il panno che stava lavando.
Di fronte a lei, in piedi, un ragazzo magro ma bellissimo. Non vestiva divise e portava un fucile appeso alla spalla.
«Ciao Maria», il ragazzo si sedette a fianco, il fucile in grembo, «hai da mangiare?».
Forse il tono di voce, forse quel sorriso così aperto, forse quegli occhi grigi come il cielo, Maria si sentì subito a proprio agio.
«Non ora, domani se vuoi. Tu come ti chiami?».
«Pietro, nome di battaglia. Sono un partigiano».
Maria tacque e si concentrò sul bucato.
Pietro rimase a guardarla mentre lavorava. Ogni tanto le parlava. Raccontava storie di guerra e Maria pensava che Pietro se le inventasse per fare colpo su di lei. Questo le piaceva. Come alcune parole, tipo ideali. Ideali? Maria se li immaginava di tutti i colori, come l’arcobaleno.
Sapeva che dai monti, ogni tanto, scendeva qualche partigiano. «Non immischiatevi», aveva tuonato suo padre, rivolgendosi soprattutto al figlio maggiore, benché più piccolo di Maria, «la nostra guerra dobbiamo combatterla per avere da mangiare e da dormire. I padroni non gradiscono la politica, soprattutto quella dei partigiani. Se ci cacciano dalla cascina, hai voglia a riempirti la pancia con gli ideali. Testa piena e pancia vuota!».
Il giorno dopo Maria tornò al fiume. Pietro arrivò dopo un po’ di tempo.
Maria allungò al ragazzo il pezzo di pane che si era portata. Pietro ne prese una parte e il resto lo infilò nel tascapane: «Per i compagni», le disse.
Da quella volta, Pietro arrivava sempre al fiume dopo di lei e parlava, parlava, parlava.
La primavera sembrava affacciarsi anzitempo. Le piogge rendevano tutto più difficile. Maria cercava ogni scusa per andare giù al torrente. E ancora, Pietro arrivava sempre.
Un giorno le prese la mano. Maria ne ebbe vergogna. La pelle era screpolata e ruvida. Le mani di Pietro erano calde e morbide. Si capiva che era di buona famiglia, forse ricco, addirittura.
Un giorno si baciarono. I baci divennero sempre più carichi di desiderio.
Quando fecero l’amore, la primavera aveva stanato le prime margherite. Alcuni iris si allungavano lungo le sponde del fiume.
Maria tornò a casa ebbra, ubriaca di tanto amore, tanta passione. Pietro era stato molto dolce, dolce e impetuoso al tempo stesso, proprio come il torrente dove lavava i panni.
Nella notte si sentirono gli aerei volare. Di solito passavano per bombardare in città. Quella notte no. Le bombe cadevano fischiando non lontano dalla cascina. Tutti scesero nelle cantine per ripararsi. In lontananza, arrivavano anche echi di spari.
Il giorno dopo, il sole splendeva come sempre, ignaro della guerra.
Maria corse al fiume preoccupata per Pietro.
Lo vide in lontananza. Era arrivato prima.
Stava seduto contro un albero, il capo chino su un lato.
Dorme, pensò Maria, poi urlò: «Stupido! Dormi con i piedi dentro l’acqua?».
Pietro non rispose. Non poteva e non l’avrebbe mai più fatto.
Era stato ferito nell’imboscata. I fascisti o forse i nazisti, che stavano indietreggiando.
Maria si avvicinò e vide il sangue. Tanto sangue. Era sceso lungo l’erba colando verso il fiume. Si era rappreso, formando un rivolo scuro.
Prima che le gambe la facessero crollare in ginocchio lasciandola senza più colori nella testa, Maria pensò Fiume nero.
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