La vetrina

La vetrina

Era una giornata dal cielo terso nella mia bella città d’adozione: Berlino mi stordiva già con il frastuono del traffico. Come ogni mattina mi affrettavo a raggiungere il posto di lavoro con passo incalzante: temevo il solito ritardo. Il mio sguardo si volse distrattamente oltre la vetrina di un caffè. Un giovanotto seduto su uno sgabello aveva un’aria dimessa e triste. Stavo quasi rallentando il passo con l’intento di entrare nel bar per chiedergli cosa mai potesse essergli accaduto… Ma accidenti, mi accorsi che era tardi e allora non mi fermai.
Fuori dal caffè una ragazza si toccava i lunghi capelli setosi, piangendo. Forse conosceva il giovanotto triste.
Ancora una volta fui sul punto di fermarmi per cercare di aiutarli. Ero convinta che si conoscessero e che fossero in crisi. Avrei fatto qualsiasi cosa per riavvicinarli… questo avrebbe rasserenato anche la mia giornata.
L’orologio segnava le otto e mezza! Corsi a perdifiato per evitare il semaforo rosso e arrivai in ufficio in ritardo. Se avessi raccontato al capufficio dei due ragazzi forse non si sarebbe infuriato; invece passai un brutto quarto d’ora.

Graziella Labadini

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