Neve

Neve

Nevica da ore.  I fiocchi volteggiando si posano sul prato e sul vialetto di casa, provati da un lungo viaggio. Il paesaggio è incantato: tutto tace, la pace mi avvolge; si ode solo il rumore dei miei stivali che sollevano la soffice neve. Divertita ne prendo una manciata e la passo sul viso come facevo da bambina, quando fingevo di truccarmi.

Anche Mel, la mia cagnolina, incuriosita dalla neve balzella qua e là come una capretta e sulle zampe le si formano piccoli ghiaccioli simili a calzini intonati col pelo nero e riccioluto. Corre veloce nonostante la neve e io fatico a tenere il suo passo… si diverte tanto!

Con gli schiamazzi lontani dei bambini la mia mente fruga nel passato e i ricordi ritornano più vivi che mai. Un sorriso si stampa sul mio volto: ero bambina e guardavo la neve dalla finestra con il nasino all’insú. Immaginavo che mi cadesse addosso; ma la finestra era chiusa. Stavo finendo i compiti, ma mi distraevo in continuazione, tanta era la voglia di raggiungere gli amici giù nel prato che stavano facendo un pupazzo di neve. Terminati i compiti, mi preparai frettolosamente.

La mamma aveva  lasciato sull’uscio gli stivali di gomma neri che, ahimè, lasciavano passare il freddo, e i calzettoni che mio fratello portava per le passeggiate in campagna con il papà e, benché mi andassero larghi, li indossai volentieri. Nella tasca della giacca a vento riposi un sacchetto con bottoni colorati per decorare il pupazzo di neve.

Una volta scesa, gli amici mi accolsero tirandomi delle palle di neve che finirono puntualmente all’interno del collo della giacca a vento. Dopo la corse sfrenate sulla neve  ci divertimmo lasciandoci cadere all’indietro  e, assetati e incuriositi, assaggiammo la neve. Com’era buona!

Venne il momento di pensare al nome da dare al pupazzo. Subito ci trovammo d’accordo con Gelo. Sarebbe stato di buon auspicio: così avrebbe tardato a sciogliersi.

Le ore trascorrevano velocemente e il nostro Gelo prendeva forma. Quando l’avevamo ultimato eravamo saltellanti per la gioia: era bellissimo ed elegante con i miei bottoni! Quando il sole era già calato la mamma chiamò più volte dalla finestra avvisandomi che stava per scodellare la minestra. Salutai gli amici e Gelo, stanca e contenta.

Rientrando a casa rimasi con i piedi nudi sul pavimento riscaldato dai pannelli; avevo la sensazione che truppe di formiche li solleticassero tanto erano freddi, innescando una reazione di forte prurito.

A tavola, mentre divoravo la cena, raccontavo soddisfatta ai familiari del pomeriggio trascorso. Dopo, pensando al pupazzo che mi avrebbe atteso il giorno dopo per essere abbellito ancora di più, caddi un un sonno profondo.

Sognai  Gelo. Era elegantissimo: indossava un frac, un cappello a cilindro e un papillon a pois rossi e bianchi e aspettava solo di essere invitato a casa di nonna Betta (la nonna di Silvia, Rita e Luigino) che ci avrebbe preparato un tè caldo con fette di pane e marmellata di fichi fatta in casa.  Per concludere il pomeriggio avremmo giocato alla tombola degli animali ma, ahimè, il povero Gelo non poteva entrare in casa a farci compagnia, altrimenti avremmo assistito al suo dis-Gelo… Con coraggio riuscimmo a convincerlo a rimanere fuori e promettemmo di salutarlo dalla finestra.

Mi svegliai la mattina seguente ristorata dopo il lungo sonno e, mentre mi preparavo per recarmi a scuola, pensavo che sarebbe stato bello se nonna Betta ci avesse invitati davvero per la merenda: avremmo potuto ammirare Gelo dalla finestra tra una fetta e l’altra di pane e marmellata… Chissà, forse il sogno si sarebbe avverato.

Oggi, ritrovandomi in questa distesa di neve in compagnia di Mel, come potrei dimenticare che quel sogno si è poi avverato?

Graziella Labadini

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