“Buongiorno, posso esserle utile?” “Buongiorno signora. Vorrei parlare con il Dott. Villa, se è disponibile. Me lo può passare per favore?” La voce dell’uomo in linea non è giovanile, ma interessante e mi piace: tradisce un bell’accento partenopeo.
“Chi devo dire?” “Mi chiamo Ciro, lui non mi conosce, però dispongo di questo numero di telefono ed ho necessità di parlargli personalmente. Può riferirgli che lo sto chiamando da Napoli?” “Per una pratica di lavoro?” “No signora mia, tutt’altro! Si tratta di una sorpresa che non si aspetta.” “Rimanga in attesa.” “Grazie.”
Mi collego con l’interno del Capo e chiedo se intende rispondere alla chiamata. “Ciro chi? Non ha un cognome?” il tono è severo. “Non lo ha voluto dire. E’ in possesso del mio numero diretto eppure sostiene di voler parlare solo con lei. Non vi conoscete; credo si tratti davvero di una sorpresa.” “Come le è sembrato? Non sarà uno che vuole solo farmi perdere del tempo, vero?” ancora burbero. “Non credo. E’ un signore napoletano, educato e gentile.” “D’accordo, me lo passi, grazie. Sentiamo un po’ cosa ha da dirmi.”
Memore di passate esilaranti esperienze, per bizzarre sorprese messe in atto da colleghi burloni di altri uffici, chiedo ai miei compagni se sanno qualcosa di questa strana chiamata. ”Davvero misterioso questo fatto – dice Paolo offrendomi un bellissimo sorriso malizioso -. Cos’ha combinato signora Elvira? Questo tipo l’ha contattata e poi pretende di parlare con il Capo. Vorrei capire.” Mimma interviene ridendo e puntandomi scherzosamente il dito indice: ”Elvi, ricordami quando è stata l’ultima volta che ti trovavi a Napoli.”
“Oh, ma allora sospettate di me! A Napoli ci sono andata un secolo fa. Non c’è il mio zampino in questa storia e poi sapete bene che con il nostro Capo non si può scherzare. Non ci resta che aspett…” interrompo la frase perché dall’Ufficio confinante giunge una sonora risata. Ci osserviamo con incredulità. Paolo, saggiamente, si rende portavoce di un pensiero che ci accomuna: “Ecco la vera sorpresa! Dopo tanti anni che lavoriamo tutti insieme, credo sia la prima volta che sentiamo il Grande Capo ridere a cuor leggero.”
Un quarto d’ora dopo il Dr. Villa esce e viene verso noi scuotendo la testa. Ho l’impressione che sotto gli abbondanti, curatissimi, baffi bianchi stia trattenendo una risatina. Sembra che la telefonata lo abbia molto colpito. Noi tre stiamo letteralmente morendo dal desiderio di sapere qual’é la notizia. Rispettosamente – dal momento che lo sappiamo uomo serio, pieno di riserbo – ci limitiamo a lanciargli veloci sguardi interrogativi.
“Questa ve la devo proprio raccontare” dice. “Finalmente!” penso e mi scappa un ampio sospiro di sollievo. Paolo aggiunge: “Era ora, Capo!” intanto mi lancia uno sguardo aggressivo.
“Ricordate, vero, che in occasione del terremoto In Umbria e nelle Marche avevamo aderito ad una raccolta a favore dei sinistrati? “Si riferisce al terremoto di due anni fa?” chiedo con stupore. “Brava!, proprio quello avvenuto nel settembre 1997.” “E allora?” lo sollecita Paolo “l’impaziente”.
“Di comune accordo avevamo provveduto a donare nuovi capi di abbigliamento invernale” si avvicina alla finestra che affaccia su Piazza Duomo e getta una occhiata fugace al magnifico panorama. “In quella occasione, avevo regalato un loden verde da uomo della mia taglia. Nella tasca interna avevo pure infilato un biglietto pressappoco scritto così ’Se hai bisogno di qualcos’altro, posso aiutarti. Telefona a questo numero – e ho riportato quello di Elvira – ti risponderà la mia segretaria.’ Naturalmente ho anche aggiunto la data ed i miei dati.” Poi, rivolto alla sottoscritta: ”Signora Elvira, mi dispiace non averla avvertita a suo tempo.” Accetto volentieri le scuse. In cuor mio gli sono davvero grata per aver risolto il rebus.
Mentre pendiamo dalle sue labbra lui tace, quasi a volerci tenere sulle spine. Una pausa insopportabile per Paolo che, sbuffando, chiede: “Possiamo sapere cosa c’entra il tizio di Napoli?” “Il signor Ciro di Napoli é un medico pediatra in pensione. Ieri al mercato rionale di Fuorigrotta ha acquistato un loden verde, ancora nella confezione originale, pagandolo ottantacinquemila lire. In serata, mentre se lo riprovava, nella tasca interna ha rinvenuto il mio messaggio di due anni fa. Incuriosito, ha deciso di contattarmi. Voleva capacitarsi della ragione di quella mia nota scritta: non riusciva proprio a comprenderla. Credetemi, non è stato facile per me ricordare e ancor meno scegliere di non mentirgli. Temevo che, saputa la verità, si sarebbe agitato reagendo bruscamente.”
Il Capo inserisce un’altra pausa. Di nuovo è Paolo a sollecitarlo: “Invece?” “Invece, scoppiando a ridere mi ha detto: “Dotto’, aggio pigliato nà putente ‘mbruglià. A mamma d’e fesse è sempre prena..” Nonostante il mio accento milanese, spero proprio di averlo pronunciato abbastanza bene. “Non ho parole, solo qualche parolaccia” commenta Paolo battendo con forza un pugno sul ripiano della scrivania e facendo sobbalzare il portapenne. Mimma, la sola fra noi di origini meridionali, è ammutolita. Non alza più lo sguardo e con eccessivo vigore riprende a digitare sulla tastiera del PC, quasi a volerla disintegrare.
Sono troppo annichilita per esprimere anche un solo commento, per questo chiedo: “Dottore, cosa ha in mente di fare adesso?” “Semplice, quello che ho appena fatto” risponde elargendoci un paterno sorriso amichevole: “Ho invitato il signor Ciro a venirci a trovare. Ha accettato di buon grado mettendo in chiaro, con insistenza, che rifiuterà qualsiasi rimborso per il disturbo, il viaggio o per il suo bel loden. Un gran signore questo medico napoletano! Vi terrò informati. Buon lavoro.”
Settembre 1999